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Anna ha ricevuto il referto del tampone Covid-19, è negativo. Può preparare la borsa da viaggio e partire, finalmente. Quante altre volte l’ha riempita in fretta con le sue cose dentro, solo l’essenziale. Una sciarpa per proteggersi dal freddo, un libro da leggere la sera, un portafortuna che può sempre servire, la crema idratante, gli occhiali da sole e l’inseparabile e preziosa attrezzatura fotografica. Come quella volta quando è andata ad Amsterdam per fotografare le distese di tulipani e vedere i quadri di girasoli al Van Gogh Museum. O quando ha attraversato il deserto del Sahara, ha bevuto il the nella tenda berbera e ha fotografato le ombre dei cammelli al tramonto. La vacanza fatta quell’ultima volta che si è innamorata, quando sembrava proprio una bella storia, importante, duratura, fatta di convivenza, buona cucina e feste di compleanno in giardino e invece no, quasi due anni per capire che era una relazione difettosa, disfunzionale, che non la rendeva felice. Anna ha poco più di cinquantanni, un matrimonio finito che ormai è un’altra vita, un figlio molto amato diventato grande in fretta, una rete di amicizie con interessi comuni e lei che non risparmia mai un sorriso o un consiglio. Ha due occhi luminosi, la pelle delle mani screpolata e la voglia di lasciarsi alle spalle un sentimento che le ha spezzato la vita, ancora una volta. È una infermiera e, dopo tanti percorsi di studio, le piace dire che lei nasce infermiera, che quella è la sua vocazione. È per quello che è sempre accogliente e attenta o forse è accogliente e attenta perché ha studiato da infermiera, chissà. Ricorda ancora l’emozione del giuramento, tanto tempo fa.  [..]Giuro di perseguire come scopi esclusivi la difesa e il recupero della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale […] Anna si è subito sentita parte di qualcosa e dopo la laurea in scienze infermieristiche, tanti anni ancora di studi, di master di perfezionamento per acquisire pratica e conoscenze. Ricorda tante situazioni lavorative difficili e faticose, spesso mal retribuite e precarie, con sfiancanti turni di notte, con paure e incertezze prima di realizzare davvero cosa significasse per lei fare l’infermiera. Anni di sfruttamento, assunta da questa o quella cooperativa, anche se prestava servizio nella sanità pubblica, senza un contratto a tempo indeterminato, mai libera da quell’idea di ausiliarietà a cui viene troppo spesso relegata la sua professione. Quando è dilagata la pandemia da Covid-19 il personale sanitario in ospedale, in corsia, è stato coinvolto nel tentativo di fermare i contagi, cercando di salvare quante più vite possibili in una lotta contro il tempo e contro l’inadeguatezza di un servizio pubblico reso carente dai troppi tagli indiscriminati perpetuati negli anni a favore di una sanità privata, ora dimostratasi inutile e incompetente. Anna invece era in lockdown nella sua casa in città, ferma come tutti e tutte, a seguire una serie tv, a pulire i vetri, a cercare nel disordine quel libro che voleva rileggere, a potare l’ulivo in giardino, a ripensare a quella relazione finita che tanto l’ha delusa. Un pomeriggio viene contattata da una cooperativa che le offre un lavoro a tempo determinato, determinato dall’urgenza di reperire in fretta personale, come infermiera specializzata in un reparto di terapia intensiva in un ospedale romano. Un contratto indecente per una retribuzione lorda di 9 euro all’ora, per un lavoro sfiancate con l’emozione gratuita, però, di mettere a rischio la propria salute per salvare le vite degli altri. Anna si è indignata, ha risposto di no, ha sfogato la sua rabbia sui social, ha cercato di distrarsi cucinando una eccellente parmigiana che ha potuto dividere solo con il gatto Anselmo. Ma poi, come un ritornello, di nuovo in testa quel giuramento solenne e pomposo […] Giuro di  mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente, prestando la mia assistenza professionale a qualsiasi malato che ne abbia bisogno […] Così, con la stessa impulsività con cui scatta una foto o con cui si lascia sempre coinvolgere in una nuova esperienza, decide di rispondere al bando indetto dalla protezione civile per la ricerca di 500 infermieri per l’emergenza Covid-19 da destinare alle regioni più colpite. Ora la sua borsa da viaggio è pronta, può raggiungere l’ospedale di Vignola dove già l’aspettano. Anna farà parte della task force sanitaria volontaria “infermieri per Covid”, 9.400 candidature spontanee raccolte in appena 48 ore.
Mentre continua ad aumentare il numero dei medici morti per l’epidemia, arrivato già a 131, dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche arriva il dato che gli infermieri deceduti sale a 34, mentre gli infermieri contagiati dal virus SarsCov2 sono ad oggi più di 8.000. Infermieri e infermiere, ovviamente.


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