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Non si passa per l’isola di Boipeba per caso: è un destino. E per arrivarci serve un poco di sforzo e di tempo. Tempo per rimanere. E pensare.

Il tempo sull’isola passa con una cadenza molto speciale, accompagnato dai ritmi implacabili delle maree che governano la maggior parte delle azioni quotidiane, regolamentato dalla luce abbagliante e dall’oscurità assoluta. E il tempo umano è fatto di gesti, riti, saggezze e parole antiche. Sono poesie quotidiane, saperi di altri tempi e luoghi, un tempo di memorie. Ogni istante è differente e come una fotografia è unico.

Boipeba è un’isola tropicale, come tante altre: il mare, le palme, la vita semplice dei pescatori. Natura infinita, che, insieme alle maree, è la vera padrona del luogo. Nessuna automobile, solo barche, canoe intagliate negli alberi, cavalli.

Nonostante questo, Boipeba, per chi la sa capire, guardare, vivere, respirare, diventa qualcosa di profondo, languido e vitale. È così per chi è nato qui, i più vecchi che l’hanno mantenuta fino ad ora, per i giovani che cercano di migliorarla e proteggerla; è così per i “gringos” che hanno deciso di vivere qui lasciando la città, conforto e amici, non per fuggire, ma per esplorare una vita più a contatto con la natura e con se stessi.

Per una vita meno legata alle cose materiali, che, comunque, non esistono nell’isola: per avere quello che vuoi, bisogna andare a Valença (un’ora di motoscafo a volte troppo veloce), o a volte bisogna aspettare che qualcuno da Salvador, São Paulo, Roma o New York possa portare quello che vuoi. Non è un acquisto il tuo: è una conquista, il semplice pensiero è un’avventura. Così, per far passare il tempo, ti siedi, ti calmi, guardi il mare e le nuvole, studi il vento, pensi in un’altra cosa. Impari a non avere “tutto qui e ora”, ma a godere “quello che c’è, ora”. Impari ad aspettare.

I nativi sono orgogliosi della loro isola, la chiamano paradiso. Capisci il loro amore quando li vedi seduti contemplando il mare, quando parlano dei fiori, quando raccontano che già hanno vissuto in città e, alla fine, hanno deciso di tornare “a vivere” qui. Ti portano a visitare le spiagge più belle, la foresta più folta e si incantano, una volta di più, vedendo una luce particolare di questo oceano che li alimenta di una forma quasi spirituale.

Ci sono luoghi molto lontani, quasi inaccessibili dove anche i cavalli hanno difficoltà ad arrivare, ma dove qualcuno va per cogliere frutta, fiori, legna. Luoghi per “persone di razza”, che hanno lo stomaco forte, che non hanno paura della natura generosa e terribile. Probabilmente, non conoscerò mai questi posti, ne sentirò la mancanza e coglierò l’essenza dai loro racconti. È una visione un poco romantica, lo so. Ma attraverso le voci di queste persone posso interpretare i loro segreti, la loro vita quotidiana.

E le loro radici, con le tradizioni degli indios, i veri nativi, che racchiudono la saggezza originaria, e il sangue Africano dei loro antenati che sono arrivati qui come schiavi. A Boipeba le persone sono orgogliose di questa discendenza, è una forza in più e la vivono con la loro pelle, i corpi, il cibo, le piante, la religiosità fatta di messe cattoliche e dei misteri del candomblé (*), in un incontro perfetto tra sacro e profano, con la musica di tamburi ossessivi, con suoni presi dalla natura e riprodotti con strumenti semplici.

I fiumi sono indispensabili e accompagnano le coste dell’arcipelago. Sono centinaia di grandi fiumi e piccoli canali che si incrociano tra loro e con il mare quando la marea cambia. Mentre scrivo, i fiumi stanno correndo in direzione dell’oceano, stanno uscendo diventando il mare che, accogliendoli, si ritira. Fra sei ore la natura invertirà il suo corso e sarà il mare a penetrare tra le isole con forza. È un fluire poderoso, è un movimento incessante, uno scambio di acque, di umori, di flussi: è come un abbraccio intenso, una lotta appassionata e ardente, è come fare l’amore.

E navigando il fiume di notte, nell’oscurità totale, ti senti ancora di più parte di questa natura superba: puoi percepire la presenza delle mangrovie, di molti animali e di pochi esseri umani. Potresti essere a centinaia di anni fa, quando tutto, alla fine, era come adesso: un vivere, un “esistere” che non si è mai fermato, ma che non è mai cambiato.

A Boipeba cerchi l’isolamento in maniera naturale, circondato appena da un silenzio che, di fatto, non esiste: ti sembra di essere immerso nella calma più totale e all’improvviso avverti il ruggito del mare, il richiamo di animali, il vento tra gli alberi. Ti rendi conto che stai parlando con te stesso e stai facendo rumore anche tu.

Nella notte profonda, allora, impari ad ascoltare i suoni. È un altro mondo, un altro mistero, una vita a parte. Non parlo solo del mare, dei suoi cambiamenti di umore e della voce della sua marea implacabile. O della musica del vento e della pioggia. Parlo soprattutto della voce umana, la voce del lavoro.

I pescatori escono di notte con le loro barche di legno costruite, forse, con i pezzi e le memorie di altre barche, a volte così rattoppate da chiedersi come riescano ad affrontare questo oceano. Tra le 3 e le 5 di notte escono. E tra le 3 e le 5 di notte, puoi sentire mogli che sfaccendano in cucina, bambini piagnucolando, uomini bisbigliando, motori che girano con il loro “po-po-po-po” ritmico e profondo, le barche che si chiamano l’una con l’altra, ognuna con la sua voce, la sua personalità. Allora si sente il mare solcato da questa flotta che, tutti i giorni, tutte le notti, costruisce e racconta una storia. Dopo, ancora il silenzio, il silenzio della notte fatto di animali, vento, pioggia, maree.

Alla fine, non ho detto nulla di decisivo per spiegare Boipeba. Perché, in fondo, Boipeba è un’isola, come tante altre: mare, palme, vita semplice.

È l’atmosfera che è speciale, quello che senti che è essenziale, la vita di questi uomini e queste donne che è una scuola permanente. Come un mistero profondo, non puoi tentare di spiegare: devi solo accettare ogni momento che trascorri qui, lasciarlo entrare nella tua pelle, trattarlo con cura, viverlo, amarlo perché è tuo. E dell’isola.

Il giorno in cui arriverai a Boipeba lascia dietro di te tutti i tuoi preconcetti, le idee che hanno marcato la tua vita: lasciati guidare dall’istinto, dalla natura, dalle onde e non chiedere all’isola più di quanto ti può offrire. Non tentare di cambiarla.

E, per favore, rispettala, perché, forse, è questo il fine ultimo e vero di ogni viaggio.


(*) candomblé: è la religione tradizionale africana, portata in Brasile e nel Nord America dagli africani schiavizzati. Nel candomblé esiste un Essere Supremo, Olorum, e il culto è diretto ad antenati, chiamati Orixás, divinizzati sotto forma di forze della natura.

Foto del libro © “Boipeba luogo senza tempo” di Cristina Cenciarelli, Solisluna Editora, prima edizione 2018, seconda edizione 2019.


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