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È sempre complesso parlare di Irlanda.
Se non altro esulando dall’immaginario sospinto da pubblicità turistiche e da quando Fiorella Mannoia ne fece una poetica/patetica rappresentazione musicale per una promozione valida per una qualsiasi estate dei primi anni ‘90.
Artisti, musicisti, attori, oriundi.
Un popolo di emigranti, con una identità forte da un lato, e vendibile da un altro.
Non sto qui a raccontare la “mia Irlanda”, quantomeno a cercare di capire cosa ha caratterizzato la persona e la voce di Sinead O’Connor nel mainstream cultural musicale.
Quello che mi fa riflettere è, però, averla relegata secondo le azioni eclatanti della donna, irlandese.
L’Isola, la chiamerò così, ha sempre desiderato l’unione delle sue 32 contee, di cui 6 in Ulster, occupate già da Guglielmo d’Orange dopo l’anno 1000 in nome della supremazia della religione protestante. Mera scusa per motivi imperialistici e politici.
La svendita della Repubblica, dopo la rivolta di Pasqua del 1916, iniziò con il progressivo allontanamento dell’ideale socialista, come rivendicazione di classe, sostenuto da Michael Collins e James Connolly.
Uno Stato, una nazione, dove il più longevo e reggente presidente del Fianna Fail, Eamonn De Valera, ha sostenuto la pace imposta dalle trattative con i britannici.
Ma le due Irlande rimangono separate, per mano della monarchia dell’isola dirimpetto, e soprattutto per le sostanziali differenze che la religione impone.
I cattolici del Nord, diversi da quelli della Repubblica, non hanno quella morale ferrea e vaticanista ad oltranza.
La Repubblica d’Irlanda ha continuato negli anni ad essere un satellite della corona britannica.
Non possiede un esercito armato, se non per scopo difensivo, ed è un paese neutrale.
I sentimenti antibritannici ne fecero un paese filonazista negli anni ’30, fino al bombardamento di Belfast della Luftwaffe.
Dopo questa sintetica e doverosa premessa, quello che mi ha dato spunto per scribacchiare un pensiero esteso, oltre alla morte di una delle voci provenienti dall’Isola, è quel gesto che fece strappando la foto di Papa Giovanni Paolo II.
Un atto più che altro proteso a cercare di comunicare ciò che è stato negli anni un paese teocratico sommerso.
Nella sua “pace” ottenuta con la svendita delle 6 contee, ha proliferato il peggio della vergogna del cattolicesimo.
Non a caso c’è una vasta letteratura e filmografia di denuncia di soprusi e violenze, se non omicidi, nelle strutture religiose sparse nell’isola.
“Magdalene sister’s” di Peter Mullan è un film che ben spiega una vicenda sommersa.
Gli irlandesi sono un popolo diverso e diversificato. A volte mi viene da citare il Molise, da cui provengo, e di cui si sa molto poco, a parte la battuta sulla sua non esistenza. Diviso al suo interno, anche per oasi linguistiche, oltre che per rivalità tra i capoluoghi.
Non voglio scrivere per una commemorazione della cantante, ma posso capire le lacerazioni interne di una donna, di quella Terra, spesso abbandonata all’alcolismo, come fuga dalla realtà, di una regione dell’Europa che era seconda solo alla Calabria per povertà e disagio.

Per la questione Nordirlandese magari mi metterò d’impegno un giorno…