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La pubblicità dispensatrice di sogni si intromette vistosamente nella nostra quotidianità, dai primi ingenui Caroselli a una più sofisticata comunicazione che tiene conto del cambiamento sociale.
Oggi la suggestione è veicolata da una pesca, protagonista il marchio Esselunga. Lo spot immagino lo conosciate, ma per vostra comodità è riportato qui https://www.youtube.com/watch?v=sFE9VvAym3Q per la regia di Rudi Rosenberg, incaricato dall’agenzia Small di New York.
Emozionare i consumatori per indurli all’acquisto è la missione dei creativi che realizzano i messaggi pubblicitari; Esselunga si spinge oltre con questo imbarazzante spot che l’azienda stessa definisce al passo coi tempi. I media parlano di “roventi polemiche” generate da questa innovativa proposta.
Qui si fa leva su qualcosa di più profondo e radicale di una fugace emozione, lo spot fa leva sui sentimenti di una bambina evidentemente afflitta per la separazione dei genitori, nell’ambito di una famiglia del ceto medio benestante, un dettaglio non trascurabile: i poveri non hanno i soldi per divorziare e fanno la spesa al discount.
Senza alcun intento moralista nella mia critica, trasecolo di fronte alla quantità di commenti entusiastici sui social, di chi, stanco delle proposte pubblicitarie standardizzate, si commuove per la vicenda umana della famiglia divisa, finalmente “reale” e opposta alla famiglia perfetta la cui felicità trabocca da una scatola di biscotti per la prima colazione.
Nel corto di Esselunga si intravede la sofferenza, il bisogno infantile di un riferimento univoco di coesione familiare, il bisogno di un nido che accolga e rassicuri.
Vorrei ricordare come la famiglia nucleare sia il modello vincente di architrave della società occidentale.
La prima doverosa osservazione è l’estrema semplificazione dei problemi di una coppia in crisi, come suggerisce la narrazione e il coinvolgimento di una creatura fragile, la bambina, che vive dolorosamente la relazione conflittuale dei genitori. A questo riguardo riporto un parere professionale, quello di Ariella Williams, psicoterapeuta:
“Vedo un messaggio subliminale pericoloso, di facile digeribilità perché sciropposo: 1) state insieme per amore dei figli e 2) per tornare insieme basta poco. In entrambi i casi, è una mistificazione e una banalizzazione di problemi seri di coppia, e dei bambini di quelle coppie, trattati invece come capricci facilmente risolvibili.
Si sottintende la promozione del modello della famiglia tradizionale voluta dalla destra. Lo trovo mostruoso”.
In effetti la nostra premier Giorgia Meloni lo definisce bello e toccante.
Dov’è finita l’etica della comunicazione pubblicitaria? Chi pensano di prendere per i fondelli gli ideatori della campagna Esselunga? Sfido chiunque abbia vissuto una separazione dal proprio partner ad identificarsi serenamente nei due amorevoli genitori di una bambina sulla quale grava il peso del fallimento della relazione di coppia. Non mancano infatti, sui social, i commenti infastiditi di chi ha divorziato fra lacrime e sangue.
Inoltre, l’onda emotiva generata dal corto rischia di mettere fuori fuoco la strategia pubblicitaria dell’azienda: fare la spesa all’Esselunga potrebbe passare in secondo piano rispetto alla narrazione. E un supermercato non rimette insieme una famiglia, una mistificazione al servizio della mercificazione dei sentimenti.
Ridateci il Mulino Bianco!