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Diciassette anni. Avete presente il cliché dello studente che si innamora dell’insegnante? Ecco. È lei. È Daniela la studente(ssa) innamorata della professoressa Donati, l’insegnante di disegno e storia dell’arte, l’insegnante dai lunghi capelli neri e il corpo da ballerina.

Daniela dice di avere iniziato a farsi domande un po’ concrete sulla sua sessualità a 12 o 13 anni, ma in realtà ha sempre saputo di essere lesbica, già dall’asilo. Tra turbamenti e groppo alla gola ha avuto le sue prime cotte, spesso non ricambiate. Quando era piccola non ha mai percepito come un problema il suo orientamento sessuale, neanche quando i suoi genitori sembravano infastiditi dalla sua amicizia con Flavia, dal loro stare sempre insieme e dal loro tenersi sempre per mano. Ma si sa, sono adolescenti, sarà più un capriccio che una infatuazione, con il tempo passerà, rassicurava la mamma di Flavia. Vedrai – diceva il papà di Daniela – è una fissazione di cui si libererà crescendo. Poi è arrivato forte e chiaro, proprio tra i banchi di scuola, il messaggio che il suo non è un comportamento corretto, soprattutto non è normale. Non è bene innamorarsi di una compagna di classe o di una insegnante. Così sono iniziati gli anni di non accettazione, fatti di paranoie adolescenziali e di pianti isterici di negazione.

Il coming out in una città del sud Italia, ma al nord non è poi così diverso, è stato tutt’altro che facile. Quanto si era illusa. Daniela era fermamente convinta di ricevere il supporto di sua madre, che ha sempre difeso i diritti di tutti e tutte, anche degli animali, e certa che anche suo padre non ci avrebbe trovato niente di male, né di sbagliato.  O meglio, per Daniela è stato facile dirlo quella prima volta proprio perché consapevole che non stava mica commettendo un crimine. All’epoca era innamorata e felice e voleva urlarlo al mondo. Ecco era il mondo che non era preparato ad accettarla o meglio che non voleva proprio accoglierla e, dopo quella prima volta disastrosa, ci ha pensato mille volte prima di dirlo ancora. Forse è andata meglio quando l’ha detto al suo giro di amicizie quella sera al bar, davanti a un gelato, dopo una bella giornata di mare e di vento. Daniela è felice di aver accettato la parte migliore di se, la parte più viva, la parte che non vedeva l’ora di essere lasciata libera. Adesso, un po’ per gioco e un po’ per stare in allerta, ha questa abitudine di appuntare su un quaderno tutte le banalità, gli stereotipi, le piccole violenze verbali che proprio amiche e amici le riserbano quando dice che le piacciono le donne. “Ma, secondo noi, non hai ancora trovato l’uomo giusto. Forse potrebbe essere solo una fase passeggera. Ah, bene, visto che ti piacciono le donne faresti una cosa a tre con me e la mia fidanzata? Lesbica? Va bene, quindi ti piace la birra? no? ma sai, ho sentito che tutte le lesbiche bevono birra. Toglimi una curiosità? nella coppia chi fa l’uomo e chi fa la donna? Però il sesso tra donne non è vero sesso, dai, come fate senza il pene? E come mai non hai i capelli corti? Forse odiate gli uomini, per questo non vi piacciono. Dai, se sei lesbica ti aspettiamo per la partita di calcetto domani sera. Comunque, secondo noi, non lo sei davvero, dovresti conoscere Giovanni, lui si che ti farà cambiare idea”.

La sigla LGBTQ+ spesso spunta fuori da un articolo o da un libro con quelle quattro lettere che sono le iniziali di lesbica, gay, bisessuale, transgender, queer, mentre il + indica tutte le altre identità possibili e  non assimilabili né alle precedenti né a quella eterosessuale. C’è anche intersessuale, asessuale, pansessuale. Quindi la sigla LGBTQ+ rivela che le realtà, le soggettività dietro quelle lettere, sono così tante e diverse e multiformi tra loro da sfuggire a definizioni e incasellamenti. L’Ilga-Europe (International Lesbian and Gay Association) calcola l’indice Rainbow Europe. L’Italia è in fondo al 35esimo posto, su 49 Paesi europei, per la protezione dei diritti LGBTQ+: solo il 23% dei diritti umani per questa comunità è infatti garantito. I problemi segnalati sono molti, dalla diffusione di discorsi e iniziative alimentate da pregiudizi, agli episodi di violenza omotransfobica, dalla mancanza di protocolli medici condivisi per le persone intersessuali, al mancato riconoscimento dei figli adottivi delle coppie dello stesso sesso. Daniela fa parte della comunità LGBTQ+ e conosce la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, l’identità di genere e le caratteristiche sessuali. È una comunità che coinvolge dai 2,4 ai 3,6 milioni di abitanti. Persone che, pur costituendo circa il 6% della popolazione italiana, è come se non avessero il diritto di esistere.

 




Copertina: tatuaggio della calciatrice spagnola Maria Leon. Looks Can Be Deceiving.
immagine della fotografa sportiva Charlotte Wilson.