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Ma guarda un po’ in che pasticciaccio brutto si sono trovati gli ineffabili Barbieri e Cicinelli! Chiamati in causa da un delirante messaggio di un fantomatico “365” (dubbio: sarà un lui, una lei o un gruppo eversivo?). Hanno ricevuto il preavviso che di lì a 365 giorni verrà uccisa una persona, e lo stesso messaggio è stato inviato per conoscenza a un funzionario del ministero degli Interni, il colonnello Palermo, (che ho immaginato esprimersi con la medesima koinè del commissario Ingravallo). E ora si trovano lì, negli uffici della Digos, a cercare di elaborare una strategia. Inizia così questo esilarante romanzo di Barbieri e Cicinelli, già movimentisti post-sessantottini nella realtà e nella fiction, dentro la quale si sono calati in prima persona.

Dico subito che “365” (che, nei meandri della mia mente, mi ha fatto pensare oltre che a Gadda -molto alla lontana- anche al compianto Paolo Pietrangeli del romanzo “Tremagi e il rasoio di Occam”, un suo giallo metropolitano purtroppo poco conosciuto.

Perché noi ex-sessantottini siamo fatti così. Come tutti i diversamente giovani viviamo di ricordi, ogni tanto ci si inumidiscono gli occhi ripensando a fatti e compagni e canzoni di quegli anni (Contessa, p.e.) e amiamo fare analogie, accostamenti, far incastrare riferimenti in un grande puzzle che rappresenta quel nostro passato. Due volte si ripete in “365” il mantra:

“Certo eravamo giovani, eravamo arroganti (…) ma avevamo ragione noi”. E chi di noi non se lo è sempre ripetuto? Anche Barbieri e Cicinelli se lo ripetono, perché adesso devono fare presto e cercare di mettere insieme indizi per capire chi può essere l’autore della minaccia e soprattutto perché sono stati messi al corrente proprio loro. Una ipotesi è che possa essere una scheggia impazzita del movimento.

Ho già detto che il testo è un divertissement scoppiettante ed esilarante. È un romanzo di trama fitto di dialoghi (e la koinè qui è soprattutto romanesca, con un pizzico di turpiloquio q.b. e con soste obbligate in una tavola calda di piazza Re di Roma per farsi una scorpacciata di supplì) e di battute talmente terrificanti da scompisciarsi dalle risate. Una tra tutte: Cicinelli osserva le stampe nell’ufficio del magistrato e pensa “Mirò? No questo non ha mirato, ha preso e ha buttato i colori a caso”. Non ci si può addentrare troppo nella trama perché è talmente ben congegnata e sorprenderà i lettori con una conclusione geniale . Dico per chiudere che il libro è dedicato al compianto Luigino Scricciolo, vittima del potere dello stato che lo condannò ingiustamente a vent’anni di reclusione per poi troppo tardi prosciorglierlo (chi per età non lo conosce può trovare in rete le prime informazioni).

Infine Barbieri e Cicinelli dichiarano di devolvere la quota che spetta loro per le vendite del libro all’Associazione Verso il Kurdistan.

E qui io penso, con un groppo in gola, ai nostri Lorenzo Orsetti e Giovanni Francesco Asperti che hanno dato la vita per il loro sogno di un Kurdistan unito e indipendente.

Non perdete questo libro. Vi regalerà  risate ed emozioni a non finire, credetemi.

 


Foto copertina libro: BENIGNO MOI