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Talvolta archiviate in un cassetto polveroso, come vuole la retorica dei ricordi, le foto di famiglia hanno invece una loro dignità quando fungono da macchina del tempo e ricostruzione della memoria personale o familiare.

A tal proposito vi racconto una storia vera, ossia la vicenda umana di un bambino di pochi anni, Marco, che perse precocemente la madre senza aver avuto il tempo di formarsi sia l’identità di figlio, sia di conservare una traccia di ricordo della fisionomia della mamma che lo aveva messo al mondo, figura determinante per ogni creatura di qualsiasi specie.

Con ciò non voglio incrementare la narrazione più o meno centrata sull’importanza o criticità della figura materna in tutti gli aspetti già evidenziati dalla psicologia e psicoanalisi, ma raccontare come le foto di famiglia siano state decisive, nella vita di Marco, per aiutarlo a “conoscere” la madre perduta: utilissima l’intuizione di una zia materna che gli mostrò, al momento opportuno, le foto che ritraevano la mamma nei vari momenti di vita familiare; un modo intelligente e sensibile per offrire un sostegno e arginare, per quanto possibile, un vuoto affettivo molto doloroso.

Per quanto riguarda la mia esperienza, le foto della famiglia di origine sono uno strumento identitario, un ritorno al passato che mi consente di ravvivare il ricordo delle mie radici, del contesto sociale e culturale nel quale sono cresciuta, degli affetti che hanno costellato la mia esistenza dalla nascita e la varietà di “comparse” occasionalmente presenti.

Si può essere più o meno d’accordo con questa interpretazione se generalizzabile, e ciò dipende da come si è portati a vivere il proprio passato con curiosità, affetto o fastidio; quindi per dare un contributo più specifico a questo tema, riporto il commento dell’amica Ariella Williams, psicoterapeuta:

“Ringrazio innanzi tutto Rita per avermi invitata a esprimere un mio commento, cosa che faccio più che volentieri concordando innanzitutto con le sue osservazioni.

Vorrei sottolineare in particolare il ruolo identitario che le foto hanno, non solo collegandoci al fluire stesso del tempo e creando un senso di appartenenza a una storia senza fine, ma mettendoci anche davanti a noi stessi, alla nostra evoluzione di persone nella sua unicità grazie a quelle figure e a quei momenti congelati nel tempo dall’obbiettivo, che hanno contribuito a creare la persona che siamo.

Sono quindi documenti della nostra crescita, degli ostacoli superati, delle tappe conquistate, delle perdite sofferte.
Per un bambino, le foto di famiglia possono essere il portale a una solida autostima, sviluppandone l’autoconsapevolezza e i nessi intrinseci col suo contesto affettivo e di vita, base indispensabile per un sano sviluppo psicoemotivo. Passare in rassegna le foto con un adulto che gliele descrive attingendo all’aneddotica familiare, offre preziose occasioni per rinforzare il legame di affetto e di fiducia tra loro.
Una foto non è solo uno scatto che fissa un attimo fuggente, ma collega il presente col passato mentre si cammina verso il futuro.”

Le foto di famiglia possono essere ritratti in posa formale, basti pensare alle famiglie reali o nobiliari, dinastie che si impongono all’attenzione del pubblico, o semplici scatti improvvisati di momenti memorabili della vita familiare: matrimoni, compleanni, viaggi, la laurea dei figli, ecc. : universi talvolta simili e sovrapponibili, frutto di un immaginario culturale condiviso dalle generazioni che si succedono.

Quando mia nipote Sofia ci chiederà come eravamo, troverà alcuni album fotografici pronti a soddisfare la sua curiosità. Il romanzo  familiare sarà preservato.

Dall’archivio fotografico di famiglia

In vacanza a Bormio
Io a due anni
Io e papà
Io e papà a Lavarone in cerca di funghi
Mia madre sorridente in fotografia
Mia sorella Mara