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Gli ultimi episodi di giustizia “fai da te” che si sono verificati a Roma e in Italia, cittadini che picchiano o tentano di linciare gli autori di veri o presunti crimini, sono stati analizzati fin qui in maniera totalmente superficiale. Approfondire fa paura, per la fotografia del presente che viene scattata. Intanto raccolgono molti consensi e su questo ci dovremmo interrogare più di ogni altra cosa. Sono da deprecare, ovviamente, ma ci raccontano molto di come si vive nella realtà, di come sono nate e prosperino le mafie. La criminalità organizzata, a cui sono legati la maggior parte dei picchiatori, si è assunta il ruolo che molti cittadini imputano allo Stato di aver abbandonato. Sembra un ritorno al secolo scorso, quando la mafia veniva ritenuta l’ente a cui rivolgersi per riparare ai torti subiti dai cittadini poveri ed emarginati e su questo costruiva, e costruisce, le sue fortune. Non ti difende lo Stato, ti difende la mafia, questa è l’offerta che sempre più persone accettano. C’è un primo strato in cui avviene un crimine odioso, per esempio lo scippo di una vecchietta, la violenza su una persona indifesa, che porta a solidarizzare con chi fa “giustizia” contro quella violenza. I giustizieri però non sono sceriffi senza macchia, romantici “riparatori” senza fini di lucro dei torti, come avviene negli spaghetti-western. Sono persone che commettono crimini altrettanto odiosi e che vedono in questi reati due minacce specifiche allo svolgimento dei loro affari: l’invasione del territorio che controllano da parte di delinquenti non legati a loro e il rischio di attirare su quel territorio l’attenzione delle forze dell’ordine. Il secondo strato, profondamente penetrato nella pelle di chi vive in situazioni di emarginazione urbana, è la cultura accecante della doppia morale. L’accettazione della violenza contro piccoli delinquenti facendo finta di non vedere la violenza dei grandi delinquenti. Il travisamento definitivo del concetto di “giustizia”. Non è diverso da quando la grande distribuzione si “mangia” i piccoli supermercati portandoli al fallimento, è la logica del mercato. A far chiudere gli occhi è l’ormai noto “welfare” alternativo della criminalità organizzata. Fino a 200 euro al giorno per avvisare quando arrivano polizia o carabinieri contro i nemmeno 400 euro al mese del sussidio di Stato. Il terzo strato riguarda la politica. In questo campo non c’è opposizione. Esercito, mobilitazioni spettacolari di un giorno per lasciare il giorno dopo tutto come prima, nessun fondo pubblico o pochi spiccioli per combattere sul territorio la disgregazione sociale. Del resto hanno iniziato le amministrazioni di centrosinistra e hanno proseguito i cinque cosi a sdoganare l’orripilante approccio alla povertà come decoro urbano. La destra si limita a pensare e fare ciò che ha sempre fatto. Se ne esce? No. Inutile essere ipocriti e buonisti, da qui ai prossimi anni non si vede nessuna alternativa. Poi, se vogliamo raccontarci favole e sogni possiamo farlo, almeno quello è gratis. Il che non significa che non sia possibile combattere la criminalità organizzata, ma per farlo occorre chi pensa non chi mena e al momento tutti menano i più deboli: la criminalità, lo Stato, gli ignavi.