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Ormai non ho più dubbi, dopo tanti anni che mi frequento ne ho certezza, un QI medio-alto non esclude assolutamente la deficienza, anzi spesso c’è e non la vede, troppo preso ad ignorare l’ovvio per vocazione.
Sto parlando della mia deficienza, ovviamente.
Come si sa i parrucchieri sono ladri, con affetto, ma lo penso; immorale 150/200 euro per una tinta su capelli lunghi al massimo 5 cm, eppure questo chiedono, lo chiedono senza ricevuta, aspettandosi la tua gratitudine eterna perché “bellamia, non era mica facile sistemarti, oh vieni dal parrucchiere ogni tre mesi, se ti pare normale.”
Già, so che c’è chi ci va ogni settimana; ancor prima dei soldi: “Minchia, che palle sorella, ma non ti annoi?”.
Tre ore inchiodata su una poltrona con uno specchio a 20 cm da te che, inesorabile ti riflette tutta, ma proprio tuttissima, con riviste di gusto pessimo, di estetica o pseudomedicoscientifichepiccolopuntoedintorni.
Non sia mai entri nel tunnel dei colpi di luce, delle mèches, dei colpi di luna e del colpo che te pija quando paghi, le ore si triplicano.
Anche perché tutti questi colpi che ti applicano in testa, poi richiedono – ehm qual è il plurale di shampoo? Ecco, quelli – ultraspecifici a base di caviale, di unghie tritate di dodi estoni, di foglie di putrescilla evanescens; che lo capite da voi costano, sono così rari, questi prodotti costano, cavolo! Non capisci la ricerca che c’è dietro…
La ricerca, ma ora io dico ma chi si alza al mattino e va a tritare unghie per lo shampoo e si fa inviare il caviale per i capelli anziché mangiarlo? 
Il sospetto che sia una roba di fuffa ben confezionata è inevitabile.

E il balsamo? Che fai non ce lo metti il balsamo dopo la tinta?
Ho provato a dire: “No, il balsamo no, grazie. Mi spiaccica i capelli sulla capoccia, che sembrano quelli di Pinocchio dipinti”
Indignazione grande della sciampista: “Ma come il balsamo no? allora una crema… non lo sa che i capelli vanno nutriti?”
Ecco, no, in effetti non lo avevo mai considerato di avere dei capelli biafrani sulla testolina, m’erano sembrati sazi; sono io che sono una rozza, è evidente.
Ma il parrucchiere è là, tu sei evidentemente il soggetto debole, ti guarda con occhio complice e ti dice: “Costa un po’, ma vedrai la differenza” che tu torni a casa e già  ti senti diversa, una donna migliore, una donna a cui hanno detto “puoi migliorare”.
Giuro che io dal parrucchiere ci vorrei andare accompagnata dal mio avvocato, è evidente che tutto quello che ti dicono, ti offrono, ti impongono corrisponde alla circonvenzione di incapace.

La menata in questione, oltre a sottolineare l’aggravamento della mia graforrea sull’inutile e dintorni, mi porta dritta alla scelta di tornare a farmi l’henné; sì lo so si potrebbe aprire un lungo dibattito sul perché il colore che abbiamo in testa non ci piace mai, ma non credo che si arriverà mai ad una conclusione concreta, ad un logaritmo che spieghi l’insoddisfazione congenita, quindi andrei oltre.
Certo potrei tenerli del loro colorechenonmipiace… magari ci arriverò.
Henné, l’ho fatto per anni, e che ci vuole?
Basta una mezza giornata e la speranza che la polvere in questione non ti accenda di un bel rosso menopausa, che sai quanti se ne vedono?
A volte sono menopausate sulla testa e sulle sopracciglia no, ma quello che conta è la disinvoltura.
Dicevo mezza giornata che trascorre – nel mio caso – con la capoccia avvolta nella carta stagnola e con abbondanti e voluttuose sciarpe di carta igienica intorno al collo, da cambiar sovente che si impregnano di quella mota verde cacca di gallina in punto di morte che ti cola giù; il tutto accompagnato da un delizioso odore di insalata mista, grazie all’aceto che fissa.
Cosa?
Non lo so, ma fissa e quindi lo aggiungo per non esser da meno, forse fissa le capre come me che lo utilizzano.
Per curiosità e spirito pionieristico – e qui si arriva alla deficienza poente – digito henné su google… 
Adesso sono qua, che vi scrivo, paralizzata dalle infinite possibilità che mi si sono aperte davanti.
Del tipo, lo faccio ossidare per 5 o 8 ore?

È meglio l’ossidazione sulla testa o nella ciotola?
La ciotola di legno o di plastica o di coccio?
Ci aggiungo il limone, lo yogurt, la monetina di rame o tutti e tre?
E quando ce li aggiungo, prima, dopo o durante l’ossidazione?
E poi quanto lo faccio stare?
Un universo parallelo mi si è svelato, ci sono donne che ci vanno a letto con l’impiastro sulla testa, altre che invece si ficcano sotto un casco a temperature vulcaniche, altre che a metà del cammin tinto ci aggiungono gli olii essenziali (quelli invisibili al piccolo principe).
E devo usare la cucchiara di legno o un normale cucchiaio da minestra?
Ci si sono ammazzate in un forum su questa ultima questione, che a me pare irrilevante, ma perché, diciamolo, la mia femminilità non è venuta proprio bene bene, mi sa…

È così che ho scoperto che esiste capellidifata.it, che ci sono donne che si filmano anche quando si fanno l’henné, si fanno la foto prima, dopo e durante.
Sì, sì, sono anche giovani, non come me che ci ho una certa, che divento ogni giorno sempre più scontrosa, ma con amabilità.
E adesso dovrei farmi l’henné, ma sono piena di dubbi, solo una cosa so per certo che il Dio dei Capelli non ci ha mai capito molto su quale capello sta bene a noi, un incompetente, per questo ha creato i parrucchieri, che evidentemente sono degli Dei scesi in terra e per questo si fanno pagare tanto, anzi sarà il caso di ringraziarli che non ci chiedano sacrifici umani per una nuance perfetta.
E ora parliamone, come me lo devo fa’ st’henné?
Mi tengo in testa il colore topo evaso da Alcatraz, oppure no?
Certi fine settimana son tutti in salita.