(R)amingo. Nasco. Col cordone ombelicale al collo. Il 20/3/1971. Ciò denota dalla nascita una singolare propensione borderline… L’apprendimento non accademico né scolastico avviene nelle solitudini. A volte forzate,altre volte volute. Ho letto il mio primo libro nel 1991, mentre svolgevo il servizio civile, non militare. “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell. Mi fermo alla terza media. La curiosità è il mio primo interesse. Assorbo. A volte anche le energie negative altrui. Ma ho imparato a respingere. Entro fuori esco dentro. Così in una sorta di resa per vincere, mi trovo spesso nello scambio Zen della Vita. Avvicinandomi alla mezza età non pretendo più molto da me stesso. E ho smesso di dimostrare nulla a nessuno. Salvo poi avere la scintilla che accende il momento catartico in cui sento il bisogno di scrivere…l’ignizione. In fondo l’Arte è un puro atto di vandalismo funzionale. (R)
Polvere
Eppure ne è passato di tempo.
Tornare con tutto il coraggio, tenendo per me tutte le emozioni, nascoste e celate in una razionalità che vede solo il “materiale”.
A quasi 52 anni, “tocco” oggetti dell’infanzia, della pubertà, dell’adolescenza…
Recupero qualcosa, ma solo ciò che può essere funzionale.
Il letto dove leggevo i fumetti mentre mia Madre spicciava casa, con le finestre aperte, e l’odore delle mele e dei mandarini.
Le macchie di smalto da modellismo sulla macchina da cucire.
La cassettiera dove tenevo tutte le polo Fred Perry, le camicie a quadretti, le bretelle.
Il mobile delle 14 paia di Doc Martens.
E poi.
Lo specchio dove lottavo con l’immagine riflessa della mia obesità, dove mi perdevo a schiacciare i brufoli, o a guardare i miei denti storti, e via via i capelli caduti a 20 anni…
Il silenzio.
E quella luce del pomeriggio dalla finestra della cucina.
La nicchia del mobile letto dove dormivo, l’unico metro quadrato di casa dove avevo il Cubo Philips. Altro che “vai in castigo in camera tua!”
Quale camera?
E il castigo di essere nato a Primavalle, e non poterlo dire perché i benpensanti ti bollavano…
I quaderni, le pagelle, gli adesivi della AS ROMA.
L’orologio a cucù dei nonni in Molise, le viti dei mobili fatti da mio zio Gino, smontati dall’altro zio Antonio e la tribolazione di uno sfratto all’età di 10 anni…
Il pupazzo del grillo parlante, i modellini degli aerei…
Il pavimento.
Dove mio Padre ha esalato l’ultimo respiro, nudo, ancora caldo, ed io, aprendo la porta, più arrabbiato che addolorato, per tutto quello che la Vita gli ha riservato.
Una guerra, i fallimenti, le perdite, le malattie…
Gli presi il braccio…
Nudo.
Come un bambino che “torna” da dove è venuto…
E le scale del palazzo, quelle che guardavo quando ero senza lavoro, nero, lasciato a casa perché “oggi piove”.
Niente paga.
E quelle scale, ancora, da salire ubriaco, fatto di qualcosa. E ridere su quelle scale con mio Fratello.
Per non piangere.
E camminare sempre a testa alta, nel quartiere, perché i figli di Armandino e Dalia non si sono mai immischiati col malaffare o con la droga.
E la salvazione tra preti della parrocchia e la politica, idealista, mai con nessun partito, nessuna tessera.
E infine la polvere…
Oggi mi sembra di aver mangiato tutta la polvere dei miei quasi 52 anni.
Quella polvere che molto spesso, per dignità ed integrità ho sempre tolto dalle mie spalle, rinnovandomi, con impegno e dedizione, con sofferenza soffocata.
E soprattutto col coraggio.
Grazie Mamma, grazie Papà.
Grazie a mio Fratello.
Avrei voluto di più, non è stato possibile,
ma oggi è importante per me apprezzare tutto quello che ho.
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