image_pdfimage_print

Esce dai cardini del realismo fotografico, hUman sWitch, lavoro fotografico collettivo ad opera di alcuni membri del Circolo Fotografico Milanese: Carlo Cirmi, Lorenzo De Francesco, Mauro Galvagno, Pio Grasso, Laura Pozzoni.

hUman sWitch è un progetto promosso da Raoul Iacometti, fotografo e tutor del gruppo, che ha indirizzato i partecipanti a descrivere un viaggio nell’interiorità e nell’inquietudine dell’ordinario quotidiano.

Il mezzo d’elezione per esprimere i moti dell’anima è, fra gli altri e ormai dalla sua origine, la macchina fotografica. Con questo strumento che di per sè è fatto per registrare le immagini che passano davanti ai nostri occhi, si può ottenere qualsivoglia risultato declinando stili, scelte narrative, modalità espressive, un flusso inestinguibile di possibilità date da quel linguaggio duttile che è la fotografia, come universo dei segni.

Ne parlo con uno dei membri del gruppo, Lorenzo De Francesco, noto ai lettori di Diatomea come autore, su questo blog, dei Racconti del Bicighellone, ora in veste di fotografo.

RM: Lorenzo, vuoi riassumere, per noi, la genesi di questo lavoro fotografico ?

LDF: Il progetto è nato nell’ambito del corso avanzato di fotografia organizzato dal Circolo Fotografico Milanese e tenuto da Raoul Iacometti. Raoul ha impostato dall’inizio il corso avanzato sulla progettualità, chiedendoci – prima di toccare la macchina fotografica-   di sviluppare una fase creativa e un confronto di idee a tavolino, per individuare insieme un progetto da sviluppare. Raoul ha diviso di sua iniziativa i partecipanti in gruppi, per cui ci siamo trovati a lavorare insieme con persone con le quali al di là dell’appartenenza al CFM, non avevamo alcuna esperienza di lavoro di gruppo. La genesi è stata faticosa, con momenti di dubbio e di stallo, con bozzetti e ripensamenti, ma alla fine è scattata la scintilla che ci ha consentito di realizzare questo  lavoro collettivo. L’idea è maturata progressivamente nel corso degli incontri, partendo da esperienze di vita personali. La sfida è stata trovare una forma adeguata di rappresentazione per un discorso abbastanza complesso. Alla base di tutto c’era il concetto dello “scambio”: un evento della vita che obbliga ad una scelta, pratica o mentale. Noi abbiamo analizzato l’aspetto mentale, cioè come  rappresentare lo scambio (Switch) che si fa mentalmente per adattarsi, volenti o nolenti, a un contesto ostile o alienante, o semplicemente difficile da elaborare con i paradigmi mentali lungamente impiegati. In questa rappresentazione abbiamo adottato, grazie all’esperienza di Raoul e ai consigli che ci siamo dati reciprocamente, tra  i più esperti e i meno esperti,  un approccio fotografico che impieghi tecniche adatte a rappresentare questi stati d’animo: esposizioni multiple, zooming, sfocato, mosso. La postproduzione poi ha sposato un bianco e nero intenso, contrastato, con neri profondi e bianchi emergenti per sottolineare il contrasto interiore.

RM: come vi siete coordinati per ricavare, partendo da sentimenti e percezioni individuali, un’opera così coerente e carica di rimandi ?

LDF: Dopo aver focalizzato la parte teorica del progetto, ognuno ha iniziato a scattare, da solo o in gruppo, per cercare, secondo la propria sensibilità fotografica, di vestire con immagini il progetto. E’ seguita una fase di messa in comune dei singoli portfolio, di verifica dell’aderenza complessiva e dei singoli scatti al progetto originario. E qui  è avvenuto un “miracolo”, conoscendo l’io smisurato di ogni fotografo: insieme abbiamo deciso quali immagini erano più adatte alla rappresentazione dell’idea iniziale. Questo è avvenuto senza nessun conflitto o pretesa, e ha portato alla scelta finale.

Abbiamo predisposto un percorso grafico, fatto di cambi, parallelismi, ricongiunzioni, inversioni e lo abbiamo vestito con le immagini, su di un unico pannello ove tutta la narrazione fotografica si sviluppava e si poteva gustare la singola immagine nel contesto complessivo. Poi, come autore di audiovisivi, mi sono divertito a realizzarne uno  che sintetizzasse l’idea anche con il supporto di una colonna sonora adeguata;  devo dire che è frutto di un’immediatezza e ha riscosso notevole apprezzamento.

RM: Lorenzo, a tuo personale giudizio, è stato un lavoro foriero di riflessioni sugli stati d’animo, un particolare vissuto, o considerazioni più generali sull’immaginario collettivo che potrebbe essere  considerato come scoperta e inconsapevole condivisione di esperienze comuni ?

LDF: Inizialmente è stato come se ognuno di noi si mettesse in autoanalisi per capire bene i  propri “scambi”: individuarli analizzarli e trovare poi dei segni, delle immagini, che li rappresentassero. Nella quotidianità del reale e anche nell’immaginario, fili, ombre, sagome indefinite, riflessi, mosaici, prospettive. Come figure retoriche evocanti lo stato d’animo. Ognuno con la propria storia e soprattutto la propria sensibilità, che sappiamo avere diversi livelli di intensità. Questo in un certo senso ha giovato alla drammaturgia complessiva del racconto, che non può essere giocata tutta su toni alti e intensi, ma ha bisogno di ritmo, pause e picchi di emozioni, che avvolgano fluidamente lo spettatore. Siamo usciti da questo lavoro con una significativa presa di coscienza: il cercare di rappresentare i luoghi della mente aumenta l’autostima nella capacità di comprenderli e forse di dominarli. Il riscontro che si ha in sede di comunicazione al pubblico è una iniezione di consapevolezza.

RM: Quale ruolo ha avuto Raoul Iacometti in questa discesa nelle profondità delle coscienze individuali ?

LDF: Raoul non ha mai imposto la sua visione, è sempre stato discretamente presente per lanciare degli spunti, aiutarci a uscire dai momenti di stallo, dare efficacia alla comunicazione del messaggio.

Per certi versi intransigente quanto basta, mai accomodante. E’stato un po’ come essere degli aquiloni liberi di librarsi  nel vento della creatività ma saldamente collegati a terra, sentivamo la corda nelle mani di Raoul che si tirava per indirizzarci ma anche che si srotolava per lasciarci volare nella direzione giusta e in favore del vento.

Chiudo questa chiacchierata con Lorenzo De Francesco, riportando il testo di presentazione della mostra Immagini in corso che si è tenuta a Milano nel mese di maggio 2021:

presentazione di hUman sWitch :
hUman sWitch – scambi umani tra quotidianità e alienazione, tra razionale e irrazionale, tra realtà e sogno, a volte il passaggio ad un altro livello di coscienza è istantaneo, si coltiva nell’ansia latente, nell’insoddisfazione; sfocia nella ribellione o nell’ansia gestita, incapsulata, soffocata: ti accompagna insistente, pronto a riemergere.
A volte si snoda in parallelo alla vita normale, appare come bolle in superficie, si materializza in segni e forme, proiezioni che distorcono la visione, alterano le prospettive, ombre che pesano come rocce.
A volte genera un’inversione, il sogno diventa realtà, la mente ha già preso il volo, il corpo la seguirà.”

Presentazione della mostra

Si fa presto a dire progetto fotografico.
Se poi ci mettiamo che il progetto deve nascere da un gruppo di persone con teste, esperienze, caratteri e idee completamente diversi, allora il gioco si fa davvero duro.

Ma se al timone c’è Raoul, allora tutto cambia marcia.

Ogni gruppo si è fatto corpo unico, in una carambola di idee, altre idee, ancora idee. E poi come realizzarle, come mettere insieme il tutto.

Aggravato dalla difficoltà di Milano in zona rossa. Centinaia di collegamenti via zoom sono stati provvidenziali e non ci hanno certo impedito di diventare amici davvero.

Di ridere, di divertirci. Perché senza divertimento, niente ha scopo.