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Articolo edito su CAI Monterotondo
“Il Ginepro” n.3 – novembre 2019 

L’estate che ci siamo da poco lasciati alle spalle e che ancora non sembra volersene andare ad autunno inoltrato, ha lasciato agli amanti della montagna molto di cui e su cui discutere.

Uno degli argomenti caldi che hanno occupato le pagine non solo delle riviste specializzate, ma anche dei quotidiani nazionali, è stata la serie di polemiche e discussioni nate in seguito al tour del cantante Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti.

Qualcuno meno addentro alla musica pop potrà forse chiedersi cosa abbiano a che fare i concerti di un cantante con l’ambiente montano.

Il Jova Beach Party è stato un tour con numeri da capogiro, che ha toccato molte spiagge italiane, fino ad arrivare su vette alpine come Plan de Corones, ad oltre 2000 metri di quota.

Diamo qualche numero: il tour si è concluso con 18 date tutte sold out, con un totale di oltre 600.000 spettatori, che fanno una media di più di 30.000 persone ad ogni evento, con punte di 45.000.

Sicuramente un clamoroso successo per il cantante italiano, ma che ha generato non poche polemiche intorno alle accuse di alterazione e in alcuni casi di devastazione degli ambienti nei quali si sono svolti gli eventi. La quasi totalità delle associazioni ambientaliste e dei gruppi di ricerca che si occupano di natura ed ecosistema si sono scagliate infatti contro questa serie di eventi, considerati invadenti e poco attenti agli equilibri degli ambienti in cui si svolgevano. Ci sono stati esposti e denunce giornalistiche e legali.

Si è parlato di rimozioni con mezzi meccanici di intere dune naturali e di estirpazione di vegetali autoctoni protetti, oltre alla difficile risistemazione dei siti dopo il passaggio di 40.000 persone.

Dal canto suo, l’artista si è difeso forte del parere favorevole di un’associazione di un certo peso, il WWF Italia. Da qui ne è nata un’ulteriore polemica di molte associazioni ambientaliste nei confronti del WWF che, a loro dire, da tempo non fa più gli interessi dell’ambiente, tradendo i principi per cui era nato.

Non è di certo questa la sede per entrare nel merito della polemica tra associazioni, ma di certo tutto questo clamore ci dà l’opportunità di riflettere sulla possibilità, sull’effettività e la non invasività di certi eventi in ambienti delicati da punto di vista naturalistico.

La data alpina al Plan de Corones, in val Pusteria – e qui entriamo nel merito di ciò che più ci riguarda – è stata l’occasione anche per un’icona della montagna come Reinhold Messner per dire la sua, scagliandosi in modo deciso contro questo tipo di eventi.

Queste le sue parole: “A Jovanotti ho detto che non ho nulla contro di lui. Anzi, lo stimo come artista. Il problema lo dico e lo ripeto è la location che è stata scelta. La montagna non è il luogo adatto per questo tipo di eventi”.

Il cantante, dal canto suo (!!!) ha cercato di rassicurare l’alpinista assicurando che il suo pubblico “è intelligente e avrebbe lasciato questa valle meglio di come l’ha trovata”.

Pace fatta? Solo apparentemente, perché poi Messner è tornato sul fatto affermando che “[…] la montagna è silenzio. Questo vale per le persone e ancora di più per gli animali. Domani sarà tutto come prima? Purtroppo non sarà così” ed aggiungendo che “Una cosa è un Museo della montagna, luogo di silenzio e di riflessione sull’evoluzione dell’alpinismo, […] altra cosa è un concerto con 27 mila persone che solo per arrivare in cima a Plan si sono fatte, nella stragrande maggioranza dei casi, chilometri e chilometri, in macchina. Significa inquinamento, ma soprattutto – insisto – rumore. Ci sono tanti altri posti dove si possono organizzare eventi di questo tipo”.

È questo forse che non ha capito Jovanotti: non basta che la gente non sporchi e che si impegni a lasciare tutto come stava. Migliaia di persone in un luogo particolare, tutte insieme e con un impatto sonoro molto forte, creano per forza di cose un’alterazione dei precari equilibri di un ambiente montano (si pensi solamente all’impatto sulla fauna selvatica…).

A questo punto, però, alcuni potrebbero – non del tutto a torto – ricordare come ormai sia una tradizione in tanti altipiani alpini, ospitare dei concerti di musica classica, alcuni dei quali anche trasmessi dalle emittenti televisive nazionali e che questi non abbiano mai acceso così grandi polemiche.

È un problema dunque di gusti musicali?

Di considerare una certa musica più degna di essere ospitata in un ambiente montano piuttosto di un’altra?

Forse per qualcuno un po’ snob potrà anche essere così, ma non è di certo questo il punto.

L’argomento non è quale musica va bene e quale no. Il problema, come detto, è quale impatto può avere un certo evento in certi ambienti. I concerti di musica classica (ma non solo di classica), nonostante il grande successo, generalmente attraggono un pubblico di gran lunga inferiore ai 30.000 di Jovanotti ed è un pubblico che generalmente o si trova già in loco per le proprie vacanze in montagna o ci va dopo una lunga escursione o al massimo sfruttando gli impianti di funivia già presenti. È quindi probabilmente un pubblico più consapevole dell’ambiente montano e delle sue peculiarità.

Chiaro è che, qualora si organizzasse una sinfonia di Beethoven con un’orchestra fortemente amplificata e con un potenziale pubblico di massa, il problema sarebbe il medesimo.

Credo sia buona cosa, a conclusione di questa riflessione, ricordare quali siano i principi e le linee guida che il Club Alpino Italiano, nell’organo della Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano (T.A.M.), ha esposto nel Nuovo Bidecalogo:

“[…] si sono moltiplicati interventi ed eventi e manifestazioni aventi per teatro la montagna, quali, parchi gioco ed a tema, concerti in primis, proiezioni di filmati, manifestazioni teatrali e culturali che richiamano gran numero di partecipanti e spesso richiedono l’utilizzo di mezzi di trasporto a motore (elicotteri, altro), nonché l’installazione di attrezzature di supporto.

Risulta, tuttavia, che in determinate occasioni, il numero dei partecipanti e l’utilizzo di mezzi di trasporto e l’arredo si rivela incompatibile sia con il “carico antropico” sopportabile dalle zone coinvolte, sia con il forte impatto ambientale che tali manifestazioni producono.

Il CAI perciò si adopererà affinché la presenza dei partecipanti alle diverse manifestazioni sia commisurata alla capacità di sopportazione delle zone coinvolte, prevedendo, come già avviene per alcuni eventi, il numero chiuso. Dove prescritto, si accerterà che sia fatta la Valutazione di Incidenza Ambientale e che i mezzi di trasporto meccanici a motore siano limitati all’indispensabile con particolare riferimento al soccorso”.