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Qualche giorno fa ho rivisto in tv Carlos Santana mentre si esibiva a Woodstock. Una chitarra ispirata, funambolica, lisergica.

Poi ho notato che sul sito dove abitualmente rifornisco di musica la mia pendrive era appena stato pubblicato Africa Speaks, nuovo lavoro di Santana: mi son detto – memore delle ultime prove tristemente pop di Carlos Santana – lasciamo perdere.

Però la copertina tribal di colore giallo acido mi ha convinto, e ho effettuato il download.

Ieri ho intrapreso un viaggio, e nel momento in cui dalle casse dello stereo in auto sono uscite le prime note di Africa Speaks ho avuto un flash.

Un travolgimento di ricordi, che mi hanno catapultato indietro di almeno quattro decenni, quando restai folgorato dal sound esotico di Abraxas.

Dunque: a mio parere il disco è straordinariamente riuscito. Il nostro caro Carlos ha nuovamente riunito la band degli anni scorsi, quindi qui abbiamo I Santana.

Poi ha assunto una cantante di nome Buika, dalla voce ruvida, piena di mistero, androgina nei toni, una via di mezzo tra un cantante mariachi e Janis Joplin: la voce di Buika spacca, e rende interessanti tutti i brani-11-del cd.

Poi c’è la chitarra elettrica di Carlos Santana,  riposseduto da quello spirito afrocubano che lo aveva animato prima della svolta pop, intriso di voodoo elettrico, uno sballo.

Poi ci sono i riff alle tastiere Hammond, una sezione di percussioni tribale e su di tono, basso a punto e batteria tonante: non manca nulla per tenere il disco a suonare di continuo.

Il potere evocativo della chitarra di Santana è magico, i brani passano dal funk al rock al tribal rock al grunge, citando anche sound tipici di band come i Red Hot Chili Peppers e anche i Pearl Jam.

Ascoltatelo. I miei brani preferiti sono ovviamente Africa Speaks, dove i primi tre minuti sono dedicati al riordino della libreria dei ricordi, e si cita l’Africa come la culla della civilizzazione, e del ritmo aggiungo io.

Poi Batonga, la seconda traccia – ve lo ricordate Oye Como Va? E anche Yo me lo Merezco, forse il brano più Pop, e poi Los Invisibles e Candombe Cumbele.

Se vi ritroverete a rimpiangere il periodo delle psichedelie, sarà anche merito dei Santana e di Africa Speaks.

Ultima raccomandazione, alzate il volume dello stereo, oltre il livello terremoto, non ve ne pentirete.