What I am interested in is that moment of transcendence, where one
is transported into another place, into a perfect, still world.
I’m monomaniacal about almost everything
Gregory Crewdson
Esponente di spicco della Staged Photography, [1] Gregory Crewdson nasce a Brooklyn nel 1962 da madre insegnante e padre psichiatra.
La professione del padre pare abbia favorito il suo interesse per la psicoanalisi, disciplina che ha avuto un’influenza nella sua attività di fotografo immaginifico.
Si narra che, a dieci anni, il padre lo portò a visitare una mostra della fotografa Diane Arbus: esperienza fondativa in vista delle scelte future.
Dopo un esordio musicale come chitarrista in una rock band, The Speedies, lo studente Gregory Crewdson frequenta la Scuola d’Arte Purchase Collage dal 1981 al 1985; durante questo periodo suo padre acquista una vasta porzione di terreno in una zona lacustre nel Massachussetts occidentale, nei pressi della città di Lee. In un luogo isolato ai margini della proprietà, il giovane artista costruisce una capanna di legno, eletta a rifugio personale per elaborare i suoi ambiziosi progetti fotografici.
Nel 1988 il nostro si laurea all’università di Yale con una tesi avente per tema le case degli abitanti di Lee, da lui ritratte, primo indizio di quella che diventerà la sua arte, nello stile della Staged Photography.
Il mondo campestre e selvatico della provincia americana, per nulla rassicurante ma oscuro e inquietante, è lontano dall’icona del sogno americano che non riesce a mascherare l’evidente nevrosi dei suoi abitanti. Crewdson ci presenta un mondo privo di riferimenti paesistici che siano di conforto per l’osservatore colto di sorpresa di fronte alle ossessioni dei personaggi raffigurati.
L’artista costruisce scenari nei quali si percepisce nettamente il perturbante, ispirandosi al saggio freudiano Das Unheimlilche, ciò che percepiamo come alieno e familiare allo stesso tempo e che non è insolito incontrare nell’ordinario quotidiano: un tipico esempio sono gli oggetti inanimati che ci confondono per la loro ambigua apparenza: il classico automa con sembianze umane troppo definite, bambole dotate di lineamenti corporei estremamente precisi, ecc.; il perturbante qui è il non vivente troppo simile a ciò che è vivo.
Il perturbante in Crewdson è riscontrabile nell’iconografia dell’any town, sopraffatta dall’inautenticità insita nella superfetazione dell’arredo urbano e degli interni.
La luce, lungamente studiata, è elemento chiave della fotografia di questo autore e contribuisce a conferire quel carattere di sogno lucido alle sue composizioni, volutamente stranianti; un buon contributo è dato anche dall’evidenziare nel dettaglio tutti gli elementi della scena allestita con cura maniacale: se ne ricava un opprimente senso di iperrealtà che definirei angosciante.
Nel mettere in scena l’America tormentata della piccola borghesia soffocata da idoli e stereotipi e pallida imitazione dell’inarrivabile upper class, Crewdson si avvale di un folto gruppo di collaboratori e un budget cospicuo, coinvolgendo come interpreti dei suoi lavori anche star del cinema, fra cui il compianto Philip Seymour Hoffman, Tilda Swinton, Gwyneth Paltrow, Cate Blanchett, protagonisti delle scene ritratte.
Una vera e propria macchina teatrale messa in moto per dare corpo a progetti fotografici di grande effetto e significato.
Twilight, Dream house, Cathedral of pines, Beneath the roses e il più recente An eclipse of Moths, sono i più noti progetti di questo artista che scava nell’insolito, talvolta celato ai nostri occhi, rintracciabile nell’ordinario paesaggio suburbano, mostrandone l’aspetto livido, ansiogeno e misterioso.
TWILIGHT
DREAM HOUSE
CATHEDRAL OF THE PINES
BENEATH THE ROSES
AN ECLIPSE OF MOTH
I’m trying to explore what, on the surface at least, seems to be everyday life, and trying to find within that some unexpected anxiety, or fear¸ or wonder¸even.
Gregory Crewdson
Preferisco astenermi dal citare romanzieri e registi del cinema ai quali Crewdson può essersi ispirato; lascio questo piacere al lettore invitato a eseguire una sua ricerca, incuriosito dal fascino di queste opere da scoprire e gustare nella loro apparente eccentricità.
[1] Non mi convince il termine tableau vivant impiegato da altri commentatori, perché lo considero inappropriato in questo caso.
Fonte: https://gagosian.com/artists/gregory-crewdson/
Tutte le immagini contenute in questo articolo sono state prese dai link segnalati e/o dal web per puro scopo divulgativo e sono soggette a copyright © Gregory Crewdson
Rita Manganello è milanese di nascita, amante della fotografia e del cinema da quando ha memoria. Dopo gli studi classici e la Scuola di Giornalismo, ha lavorato in società multinazionali di primaria importanza nell’area della comunicazione e delle risorse umane, maturando un profilo professionale che le consente, oggi, di avere uno sguardo aperto alla contemporaneità. Giunta a fine carriera torna a dedicarsi alle passioni di un tempo fra cui la fotografia, il cinema, l’arte e la letteratura. Alterna l’attività di esplorazione fotografica a quella redazionale e si occupa di lettura dell’immagine per i colleghi fotografi.