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Peter Gill della galleria Pace-McGill di Manhattan ha confermato la notizia che il leggendario Robert Frank, punto di riferimento imprescindibile per chi si avvicini alla fotografia di reportage, ci ha lasciati all’età di 94 anni a Inverness, in Nova Scotia.

Svizzero di nascita, dopo un’intensa attività come fotografo di moda, si concentra come fotogiornalista freelance in un’intensa attività di viaggi fra Perù e Bolivia, Francia, Spagna, Italia.

Nel 1955 è il primo fotografo europeo a ricevere la borsa di studio annuale promossa dalla Fondazione Guggenheim di New York, che gli consente di attraversare quarantotto Stati, insieme alla moglie e ai due figli, su una vecchia Ford.

Utilizza 687 rulli di pellicola 24×36 mm, ottenendo più di ventimila negativi di cui alla fine ne ricaverà ottantatré fotografie.

Nessun editore americano dimostra grande interesse per questo lavoro e, così, decide di pubblicare Les Americains in Francia con Robert Delpire. L’interesse suscitato dalle edizioni europee porterà infine alla pubblicazione oltreoceano.

Cancellati i testi critici, fa scrivere l’introduzione, un vero e proprio poema beat, all’amico Jack Kerouac con cui aveva viaggiato on the road in Florida nel 1958:

Quella folle sensazione di America, quando il sole picchia forte sulle strade e ti arriva la musica di un jukebox o quella di un funerale che passa. È questo che ha catturato Robert Frank nelle formidabili foto scattate durante il lungo viaggio attraverso qualcosa come quarantotto stati su una vecchia macchina di seconda mano. Con l’agilità, il mistero, il genio, la tristezza e lo strano riserbo di un’ombra ha fotografato scene mai viste prima su pellicola. Per questo Frank sarà riconosciuto come un grande della fotografia…”

L’impatto del libro sul mondo fotografico è enorme, pari solo a quello di New York di William Klein. The Americans e New York segnano il punto di non ritorno di una nuova concezione di fotolibro che verrà poi considerato come lo strumento più adeguato ad esprimere le potenzialità espressive ed estetiche di un’opera di fotografia.

Lontano tanto dal documentarismo sociale quanto dal sentimentalismo che dominava certa fotografia dell’epoca, Frank infrange stereotipi e luoghi comuni dell’immaginario di una società del benessere, che esibisce modelli culturali e ricchezza apparentemente irresistibili. Il mondo di Frank, uscito dal conflitto con grandi speranze,  è il mondo sprofondato nella guerra fredda, maccartismo, razzismo e caccia alle streghe.

Lì dove Klein critica la società dei consumi con intransigenza ed aggressività visiva, Frank la raffigura sofferente, meditata e misurata fotograficamente. Per questa ragione forse è entrata maggiormente nel cuore degli americani.

A chi criticava le sue inquadrature sbilenche, sfocate, dal tono confuso, Frank rispondeva con fotografie non risolte tecnicamente ed esteticamente incompiute, per favorire un flusso di immagini che restituissero un unicum narrativo oltre che la sua inquietudine esistenziale, scaturita anche dalle evidenti contraddizioni della società americana.

 Scrive Jack Kerouak:

Che poesia è questa? Che poesia potrà scrivere un giorno su questo libro di immagini un giovane scrittore nuovo, sballato, chino sulla pagina alla luce della candela per cogliere ogni grigio, misterioso dettaglio della pellicola grigia che ha catturato il vero succo rosa dell’umanità? Se è il latte di umana tenerezza, come lo intendeva Shakespeare, non fa differenza quando guardi queste immagini. Meglio che a teatro”.