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Avvertenza.

Tra queste righe il demone dello spoiler regna sovrano, continuate a leggere sotto la vostra responsabilità.

Zerocalcare è andato in fissa con l’animazione, così tanto che Netflix ha deciso di dargli la possibilità di creare una serie tutta sua.

il risultato è Strappare lungo i bordi.

Partendo dallo storyboard de La profezia dell’armadillo, il nostro ci racconta a suo modo come sopravvivere al dolore e alla vita in tutte le sue sfumature. O forse no.

Se nel libro la protagonista è Camille, che soffre di disturbi alimentari, nella serie è Alice.

Alice è una ragazza come tante altre, come ognuno di noi. Nata all’interno di una società che non ha scelto, si trova a subire la precarietà e l’insicurezza.

Alice è uno specchio (e non mi stupirei se il nome scelto fosse per quello) nella quale ognuno di noi può specchiarsi.

Immedesimarsi in lei è così naturale che si arriva a comprendere la sua scelta.

Zero racconta la sua storia, il suo essere incompatibile con la vita stessa, senza dimenticare di farci ridere e usando tutta una serie di meravigliose citazioni (vi invito a scoprirle tutte)…

Queste due vite si incontrano e si legano, poi apparentemente si perdono.

Fino al viaggio in treno per il funerale di Alice in realtà si ride, e parecchio. Ma ben presto si tramuterà in un pianto impossibile da fermare.

Non voglio svelare altro.

Ma non è un mistero perché lui e questa serie hanno avuto successo.

Perché è sempre riuscito, pur mantenendo la sua identità geografica, a raccontare la mia generazione precaria. E molto, troppo di ognuno di noi.

Questa serie fa lo stesso, ti rovista l’anima senza pietà.

Come farebbe un ottimo psicologo.

Questa serie è un gioiello, uno di qui regali talmente preziosi da essere dolorosamente reali.

E che proprio per questo merita di esistere.