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Graziano Guiso, noto a tutti come il Prof, nasce in Lunigiana (nella Provincia di Massa-Carrara) e frequenta a Carrara da adolescente il Liceo Artistico, per poi entrare nel luogo dove l’Arte ha la sua massima esplosione creativa, l’Accademia di Belle Arti della città apuana. Tra i tanti professori che l’hanno aiutato a tirar fuori il suo spirito creativo ci sono stati Bruno Munari, Silvio Coppola e l’eccellente storico dell’arte Pier Carlo Santini. Soprattutto grazie ai corsi di design e graphic design, tenuti dall’architetto Coppola, Graziano acquista tecniche rigorose, che si ritrovano nell’impostazione delle sue opere; ma soprattutto grazie agli insegnamenti e ai consigli di Pier Carlo Santini, il Prof apuano entra nel mondo delle esposizioni in giovane età. Lo storico dell’arte lucchese fa partecipare Graziano alle prime esposizioni collettive: la prima nel 1991 a Valdinievole, presso Montecatini, assieme ad altri Diciassette artisti, poi l’anno seguente a Marina di Massa alla mostra “Il Mare”. Il successo si sa, viene con il tempo, e il critico spezzino Ferruccio Battolini, dopo aver seguito per anni il percorso artistico di Guiso, decide che alcune sue opere devono essere esposte nella “Collezione Battolini” presso il Centro Arte Moderna e Contemporanea dei Musei della Spezia. Di seguito alcune opere vengono inserite nel Museo Ugo Guidi di Forte dei Marmi e presso la pinacoteca del “Ciocco” di Barga, in provincia di Lucca. Nel 2011 Vittorio Sgarbi l’ha inserito all’interno del circuito “Padiglione Italia” della 54esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Dal 2016 l’artista toscano si fonde con il personaggio più celebre e importante della letteratura italiana: Pinocchio, il burattino di legno ideato e raccontato da Carlo Collodi. Pinocchio, stando alle parole del pittore Guiso, è un personaggio che ha sempre amato, perché ricco di significati e di simboli; inoltre il burattino rappresenta il “bambino”, che attraverso mille avventure e difficoltà, raggiunge la piena maturità, consistente nel senso del dovere e nel rispetto delle regole. La mostra, che si tiene in questo periodo  a Collodi, comprende ventitré dipinti, che analizzano i punti più salienti del romanzo di formazione collodiano, ed è dedicata alla moglie Daniela. “Pinocchio ha gli occhi verdi” è il titolo dell’esposizione, perché il color verde è il colore degli occhi della moglie; ecco allora che questa mostra è un omaggio a ciò che Graziano ha di più caro nella vita e nell’arte: l’amore per Daniela. Con questi dipinti, dal mio punto di vista, Graziano si aggiudica il titolo di pittore dell’infanzia, per due motivi: in primis per il tema di Pinocchio, che rappresenta il bambino-fanciullo in ognuno di noi, che solo grazie alle esperienze capisce ciò che deve essere fatto e quello che invece non lo deve essere e, di conseguenza, matura. In secundis l’infanzia è collegata al materiale semplice adoperato e alla tecnica del décollage, cioè l’azione dello strappare strati di carta, sovrapporli e spezzarli casualmente su una superficie ruvida, così da creare effetti cromatici e contrasti di luce, per delineare scene oniriche.

Prima di spiegare alcune opere in mostra, è giusto presentare delle opere esposte durante le mostre personali, che Graziano ha tenuto sia in città toscane come Carrara, Massa, Pisa, Livorno, Pistoia, che italiane come Ravenna, Torino, Gorizia, Pavia; fino ad andare oltralpe come Bruxelles nel 1997 presso il Palazzo del Parlamento Europeo dove espose paesaggi inerenti le Alpi Apuane, poi Parigi nel 2005, dove ha partecipato a una mostra collettiva a Villa Beaumarchais e nel successivo anno a Berlino nella Sede storica dell’Ambasciata d’Italia in una collettiva. Nel 2002 a Carrara nella Chiesa del Suffragio ha tenuto una mostra personale intitolata “Contemplazione onirica”, dove tra le opere veniva esposta “Civetta”.

Questo acrilico su carta composta a mano mostra una civetta su un tavolo con affianco una fetta di anguria, della quale il bordo bianco viene messo in evidenza come richiamo al fascio di luna. La civetta è dai tempi antichi richiamo del mondo onirico, il mondo del sogno, infatti Ypnos, il dio del sonno, assumeva talvolta l’aspetto di una civetta che, per far addormentare gli uomini, sventolava le sue ali scure. La civetta come il gufo sembrano simboleggiare la chiaroveggenza e la veglia spirituale, attribuiti alla saggezza, latenti nelle tenebre dell’inconscio e che, attraverso il sogno, affiorano alla coscienza. 

 

Un altro animale, che torna spesso nelle realizzazioni di Guiso, è il gatto. In quest’opera una persona accarezza il gatto, simbolo di eleganza e mistero; già ai tempi degli antichi egizi il gatto era visto come il simbolo del legame che intercorre tra il mondo umano e quello spirituale. Inoltre questo tema è stato sviluppato nel mondo dell’arte da vari artisti come Francesco Ubertini (detto il “Bacchiacca”) , Pierre Auguste Renoir, Renato Guttuso, Lucien Freud e altri. Nel nostro caso la padrona accarezza con garbo il suo animale “protettore” e allo stesso tempo fa partecipare lo spettatore a quest’azione, in modo che chi ha un gatto in casa possa capire a fondo il significato del gesto.

 

 

Legato, invece, all’ambiente naturale e quindi al contesto marino non posso non citare il dipinto “Il mare d’inverno”, come il titolo della canzone di Loredana Bertè. Il nostro pittore, abitando a Carrara, non può non cogliere le meraviglie che il paesaggio sconfinato marino lascia ai suoi visitatori. Quindi come un vedutista coglie l’essenza del mare, mettendo in primo piano i tronchi degli alberi bianchi e secchi, che vengono trasportati dall’acqua fino a riva, e sullo sfondo della scena campeggia il meraviglioso tramonto rossastro invernale, come se il tutto fosse una favola e quindi il suo perdurare eterno.

 

L’eternità indica una condizione immutabile e oltre alle opere d’arte, questa circonda le opere letterarie e il nostro artista ha saputo con la sua arte rappresentare le scene eterne di Pinocchio, tratte dal romanzo per bambini di Carlo Collodi “Le avventure di Pinocchio. Storia di un Burattino”.   Come non iniziare quest’avventura nel mondo favolesco collodiano con l’opera di Geppetto, che intaglia, in un blocco di legno, la figura del figlio da sempre voluto. Sotto una lampada a olio, tipica dell’Ottocento, e illuminata da una luce potente da essa emessa, si trovano il falegname anziano (la barba bianca è un indizio) e il figliolo di legno, che allunga il braccio per toccare con mano la figura che ha davanti, come fanno tutti i neonati quando si trovano davanti cose o persone, perché il tatto è il primo senso, che porta alla conoscenza del mondo. 

 

Nell’immagine seguente vediamo Pinocchio, che si lamenta perché le sue gambe di legno sono andate a fuoco, dal momento che le ha messe a riscaldare su un caldano con della legna ad ardere, perché bagnate durante il vagabondaggio per la città alla ricerca di cibo, visto che Geppetto era stato messo in carcere, ingiustamente, per le marachelle del figlio. La scena è piena di dolore e seppure noi partecipiamo con gli occhi a questa sofferenza, è come se sentissimo il grido di dolore del burattino.   
A concludere la serie dei décollage inerenti il romanzo di Pinocchio, ho scelto come collegamento con il tema onirico la scena di Pinocchio a letto, accudito e sorvegliato dal grillo parlante, da un corvo e da una civetta. Nel dipinto viene colto il gesto della Civetta, che tastando il polso del burattino, dichiara il suo decesso; mentre il Corvo è sempre speranzoso nella sua salvezza, dal momento che è stato trovato impiccato a un albero. 
Nella scena non ci sono contorni o elementi che denotano l’azione in un preciso momento, ma il bello che la caratterizza è l’eternità.

  

A oggi rimaniamo speranzosi che Guiso continui ad allietarci ancora con le sue mostre e opere d’arte. Un grande in bocca al lupo per tutto quello che ha in mente di fare, soprattutto farci sognare come bambini.