Gianni Coltrane, (ovviamente uno pseudonimo in onore del grande John) nasce a Roma in pieno boom economico in una borgata storica, edificata nel ventennio, dove la sua famiglia venne deportata dal fascismo nel ‘36. Mai “emigrato” dal suo quartiere, vi è tuttora residente in un alloggio popolare che fu casa dei nonni paterni. Lavoratore precoce, non finisce gli studi superiori, malgrado fosse alla fine del quinquennio. Viaggiatore anomalo, in zone fuori da tutte le rotte vacanziere ed amante della cultura dell’alimentazione, nonché del cibo onesto. Tuttora inoccupato. Ama le piante, i sorrisi, la Verità, la Musica, i diversi colori della pelle, la Libertà, il minestrone e le falafel.
C’era una volta il blues della domenica
Lavoro dall’età di 16 anni. All’epoca andavo anche a scuola serale. Ho preferito poi lavorare, lasciando la scuola quasi alla fine del suo termine cosiddetto “legale”. Il sabato e la domenica sono stati, più o meno, i giorni del riposo, in questi anni di lavoro. Eccetto il periodo del mio lavoro da pasticcere, quando il riposo era di mercoledì. Non lavoro praticamente da marzo. Quasi niente. Settore turistico ed indotti annessi. A marzo la perdita di mia Madre. Dopo un lungo periodo di ospedali, case per anziani, ancora ospedali ed infine hospice. A marzo, qualche giorno dopo il lutto, il primo lockdown (non mi piace questo termine). Due eventi, sommati a distanza di qualche giorno che, in altri tempi, mi avrebbero creato non pochi problemi di sonno. Mi sono ritrovato a ri-gestire tutto daccapo. Con grande reazione e con una buona capacità di campare con poco. Già ero low cost prima, figuriamoci ora, che devo “combattere” ancora di più. Vengo comunque da una famiglia low cost. C’è bastato sempre poco e non abbiamo mai oltrepassato il limite delle nostre possibilità. Tutto con Dignità. Il lavoro è un pezzo importante della mia vita. Alle volte anche troppo. Ci siamo dovuti fermare. Per una cosa seria. Una lunga vacanza impropria. Domani è lunedì. Un giorno lavorativo per molti. Per tanti altri un’altra “giornata al sole”. Aspettando che “sboccino fiori”. La domenica, oltrepassata l’ora di pranzo, iniziava per me, una sorta di training per prepararmi al giorno dopo. C’era un relax soporifero e nello stesso tempo malinconico. Preparavo gli abiti per l’indomani. Puliti e formali se dovevo fare passaggi da clienti, “tecnici” se dovevo prestare la mia collaborazione come supporto tecnico. Cena frugale e a letto relativamente presto. Ora mi manca tutto questo. E comincio anche ad essere stanco per le ore passate in casa, per le persone che non posso vedere e toccare, per le continue e giuste precauzioni che dobbiamo osservare, per le informazioni dei media a “martello”. Una sensazione di invisibilità. La musica, da sempre una mia passione, e la bicicletta sono delle compagne insostituibili. Volano i pensieri. Con l’una e con l’altra. Il blues di questa domenica autunnale è estremamente profondo.
“I miei piedi sono freddi/non ho debiti da saldare e bambini da sgridare/ Padre, mi hai insegnato la verità/Madre, mi hai insegnato ad essere ricco nella difficoltà/I miei antenati sono con me e sorridono, nella stanza senza calore. Sono vivo e guardo oltre il tempo/I capelli sono ormai bianchi per aver pensato troppo/Il cuore è invece giovane e batte più lento e aspetta. Senza ferirsi/Il sonno, compagno della morte, mi ristorerà/ I piedi continueranno ad essere freddi e non avrò mai debiti, né di denaro, né d’amore. E non avrò tantomeno bambini da sgridare.”
Buonanotte e buona fortuna
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