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Ho pensato e scritto l’inizio di queste poche righe più di una volta.

Ezio Bosso da oggi suonerà in maniera ancora dirompente, il suono del suo silenzio sarà frastornante.

Quel silenzio che tanto caratterizza la musica – o l’arte in generale, di un quadro parla anche il suo silenzio – e che è parte integrante ed attiva della vita, da oggi sarà ancora più rumoroso.

Talento del contrabbasso, compositore, direttore d’orchestra e pianista. Questi sono stati, fra tanti, i suoi “ruoli” nel mondo della musica ma, sebbene non sia semplice trovare in una persona generalmente tutte queste caratteristiche, il suo talento più grande è stato di sicuro l’entusiasmante e travolgente attaccamento alla vita con le sue gioie e, ahimè, i suoi dolori.

Claudio Abbado è stato uno dei suoi maestri e mentori, come spesso ricordava nei suoi interventi, non solo per l’importanza del ruolo musicale che ricopriva, ma anche, e soprattutto, perché avevano più di qualcosa che li accomunava. Tutti e due avevano una devozione totale per la musica ed entrambi hanno trovato in essa la cura metafisica ai dolori che, fino all’ultimo, li hanno accompagnati nel loro cammino terreno. Per loro la musica aveva una funzione di aggregazione sociale e purificatrice dello spirito. La musica è spirito. Musica come trascendenza che abbatte la porta dei sensi e che ci insegna a trasformare i problemi in opportunità come affermava lui stesso qualche anno fa davanti all’assemblea del parlamento europeo.

Al di là delle critiche spesso mosse alla sua figura mediatica, Bosso si è fatto, con la sua vita, portatore del bello e di un messaggio d’amore.

Quei movimenti del corpo isterici, nevrotici, quasi spiritati ma dolcemente umani ricordavano le note del clarinetto di Tony Scott o ancor meglio del trombone di Frank Rosolino. Aveva convertito energia negativa in energia positiva. Aveva trovato l’intima chiave. Si muoveva nella vita come un pianista in preda ad un raptus emotivo e davanti alla tastiera o all’orchestra intera tutto si fermava e di colpo, come un neonato che guarda incredulo la sconfinatezza del cielo, iniziava la musica.

Fui invitato a suonare un concerto da lui diretto ma per ragioni personali fui costretto a rifiutare quella proposta. La cosa mi dispiacque molto perché la sua figura mi ha spesso incuriosito. Avrei voluto sentirlo parlare, vederlo ragionare, ascoltare il suo silenzio, la sua musica e respirare la sua atmosfera. Invece no. Sono qui a scrivere di lui che per così poco avevo avvicinato e che oramai rimarrà soltanto un non ricordo passato e un esempio futuro.

Cito Paolo Fresu che scrive oggi il commento a mio avviso più emozionante e spiritualmente terreno per omaggiare un amico: “Fortunato ad averti conosciuto sempre uguale e sempre diverso”.

Oggi Ezio bosso ha salutato per l’ultima volta il suo pubblico.

Restano le sue parole. Resta la voglia di vita. Resta la sua musica.