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In estate ti sembra di “sentire” la città in un modo differente.

Il perenne rumore di fondo, al quale ci si crede abituati al punto di ritenere che faccia parte della stessa natura intorno a te come quello di una cascata africana in lontananza, quasi scompare. Ancor più evidente, nel silenzio generale, arriva la solita moto che scorrazza disturbante e indisturbata su e giù anche in piena notte con la sua marmitta insolente. A parte queste interruzioni che però quasi confortano ricordandoti che la vita umana, pur nelle forme più fastidiose, non è andata via, ti accorgi che la rarefazione dei suoni crea un diverso stato d’animo. Uno svuotamento della mente che ti costringe a guardarti intorno con un atteggiamento diverso dal solito, come se fosse cambiato qualcosa, come a cercare di sostituire i rumori con qualcos’altro. Le voci degli “umani” non più sovrastate dal frastuono del traffico escono dai cortili dei palazzi popolari per riportare nella giusta lunghezza d’onda i rapporti con i tuoi simili e fra di loro.

Nella “fortezza proletaria di Stalingrado”1 gli abitanti protetti dalle loro case utilizzano i cortili e i giardini come se fossero a Villa Borghese, cercando un po’ di frescura al caldo agosto romano. Un enorme condominio su via di Valle Melaina, che occupa un’area consistente del quartiere che da sempre mi ha affascinato e che più volte, anche se con molta fretta, avevo attraversato. La definizione di fortezza proletaria di Stalingrado non fu data a caso. Sin da quando fu edificata qui, come in tutto il quartiere del resto, il regime fascista ebbe filo da torcere. Fu rifugio di ricercati politici e di fuggiaschi e luogo di lotta e di sedizione tra i più irriducibili e valorosi. Nel dopoguerra rimase un quartiere “difficile” e non sembra aver perso questa connotazione poco “conciliante”. Proprio all’angolo tra Via Scarpanto e Via Gran Paradiso c’era, fino a poco tempo fa, un circolo politico intitolato a Teresa Gullace, la martire del fascismo cui si ispirò Rossellini per il personaggio femminile di Roma Città Aperta interpretato da Anna Magnani.

Nato tra il 1930/’32 con il sostegno dell’Ifacp (Istituto Fascista Autonomo Case Popolari), allora diretto da Calza Bini e Costantini conta circa 534 appartamenti con 14 scale, individuate dalle torri che emergono dall’edificio, per un’altezza di 7 piani. A questo complesso di case popolari alla fine degli anni quaranta ne furono aggiunte altre a fianco ma di diversa tipologia.

In questi edifici ci sono frammenti di storia nelle lapidi sparpagliate all’interno e all’esterno: nel 1933 le suore Orsoline di S. Girolamo di Somasca iniziarono la loro opera educativa inserendo anche un asilo all’interno del comprensorio, un’altra lapide posta in su uno dei muri perimetrali in Via Scarpanto ricorda i quattro antifascisti Riziero Fantini, Filippo Rocchi, Antonio Pistonesi, Renzo Piasco catturati dopo i rastrellamenti del 1943 e condannati a morte, nel 1948 in via del Gran Paradiso vennero girate alcune scene del film di Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (https://www.youtube.com/watch?v=SmI1kAdZzAY) fino ad arrivare al 1968 Il medico della mutua di Luigi Zampa, 1968, con Alberto Sordi.

Insomma un bagno di storia, di umanità e di architettura in una Karl Marx Hofe capitolina in un afoso pomeriggio d’estate tra un racconto e l’altro strappato agli abitanti che si godono il fresco nei cortili e che ti accolgono con la frase: “Qui c’è Storia! È una giornalista”? Nel sentire che sono un’architetta restano un po’ interdetti. Forse volevano parlare dell’eroica difesa di Stalingrado fatta dai genitori o dai nonni ma qualche utile notizia la danno volentieri e ti salutano con semplicità. Buona passeggiata!

1.Le Borgate del fascismo. Storia urbana, politica e sociale della periferia romana

Luciano Villani (https://books.openedition.org/ledizioni/108)