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Piano attico di un edificio in una via centrale. Dal terrazzo si può, sorvolando serbatoi d’acqua ed antenne paraboliche, vedere il mare.

Entriamo da una finestra, con lo zoom della telecamera che trapassa i vetri della porta-finestra, e ci introduce in questo interno di un appartamento borghese.

La stanza è elegantemente arredata; tutto è molto sobrio, funzionale.

I quadri alle pareti hanno la propria illuminazione dedicata, alcuni sono olii, altri multipli d’autore, e sono perfettamente accoppiati a cornici di valore.

Su di un divano una coppia.

Una piccola foresta di kentie rende piacevole questa porzione di camera.

Lei legge un libro, ha gli occhiali da presbite leggermente scivolati sul naso, e con la mano libera si attorciglia i capelli.

Le gambe sono raccolte sotto al bacino, alcuni cuscini la sostengono nella comoda posa che si è scelta per andare avanti nella lettura del romanzo, il titolo non lo distinguiamo, ma sicuramente sarà un autore sudamericano. Forse la Allende.

Nella libreria a giorno molti titoli di Isabel Allende.

Lui guarda la televisione, il telecomando appoggiato sulle ginocchia.

Qualche anno fa avrebbe fumato la sua pipa preferita, ma il medico gli ha consigliato di smettere.

E lui ha smesso. Anche con i cocktail Martini, che gli tenevano compagnia davanti alla tivvù.

Ha un quotidiano ripiegato vicino alle gambe, lo ha aperto per controllare il titolo del programma che stanno trasmettendo.

Camera indietro, lentamente l’operatore riporta la scena all’esterno del palazzo, il sole è tramontato, il mare è colore dell’oro fuso, il traffico è impazzito, come sempre.

Lei alza un attimo gli occhi dal libro in cui era precipitata, e chiede “cosa stavi guardando?”

“coppia in un interno” risponde lui.

“ah, e di che parlava?” continua lei con una inflessione della voce che non tradisce nessuna particolare emozione.

“mah, niente di interessante, c’era una coppia in un appartamento borghese, sembrava quasi Palermo; lui guardava la televisione, lei leggeva un libro. Non si sono detti niente tutto il tempo”.

Lui spegne la televisione, lei riprende nella lettura, cambiando posizione alle gambe: un bottone del cuscino che ha sotto smaglia il collant, ma lei non ci fa caso, prima di andare a letto lo butterà nella spazzatura, ne prenderà uno nuovo dalla confezione patinata per l’indomani.

Scorrono i titoli di coda, lui riguarda sul giornale il titolo del film che stava distrattamente osservando.

Spegne la televisione e ricomincia a sfogliare il giornale.

Anch’io spengo la televisione, guardo lei che continua a leggere, non abbiamo nulla da dirci, è normale.

Vorrei dirle hai il collant sfilato, lei forse vorrebbe dirmi quando vai a letto metti il giornale nel sacchetto della carta da riciclare, ma non è il caso di turbare il perfetto equilibrio di questa sala da pranzo.

“quelli in tv sembravamo noi” dico piano.

Lei mi guarda per un istante poi riabbassa gli occhi sulle pagine del volume.

Macchina indietro, il piano di ripresa diventa panoramico, ora sorvolando le antenne paraboliche ed i serbatoi d’acqua si allarga fino a comprendere il mare, nel quale si specchia la luna, gialla da aura di scirocco, il traffico è scarso, anche stanotte nulla di nuovo sotto la luce del satellite.

Palermo, 15 dicembre 2002.

Questo racconto è tratto dal libro di Antonio Musotto intitolato Todo Mundo II, Storie umane e non, Qanat Edizioni, 2018


Immagine di copertina © Antonio Musotto