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“Kindly remove your shoes upon entering the gallery to fully experience the space”.

“Si prega gentilmente di togliere le scarpe al momento di entrare nella galleria per godere di un’esperienza totale dello spazio”.

Azulik Uh May, Ph. © Alessandro Devito

Nasce a Tulum, in Messico, il Centro d’Arte Contemporanea Azulik Uh May progettato da Jorge Eduardo Neira Serkel, imprenditore, artista e architetto autodidatta argentino.

Per chi non fosse mai stato a Tulum sarà utile capire che stiamo parlando di una delle mete più blasonate della penisola dello Yucatán; immersa e sviluppatasi intorno al Parque Nacional da anni detiene il primato di essere una delle più importanti destinazioni turistiche di statunitensi, europei e sudamericani, e sede di un’antica città portuale dei Maya, di cui rimangono le rovine, devo dire, in buonissimo stato di conservazione: arroccate su una scogliera, dominano a tutto tondo la lingua di costa caraibica, offrendo uno spettacolo diverso rispetto alle rovine Maya di Chichén Itzá, Uxmal e Palenque, solo per citarne alcune. Tornata a distanza di dieci anni, la sensazione di cambiamento avvenuto nella città è stata molto forte, quasi da riconoscere solo nella zona archeologica la continuità del pueblo che tanto mi aveva colpito, per il resto, Starbucks è approdato anche lì.

Immerso in questo scenario di Resort e Posadas, lungo la Carretera che porta alla Zona Hotelera, nasce il primo progetto di Eduardo Neira, l’eco-resort Azulik, un labirinto di palafitte rigorosamente costruite a mano, collegate attraverso passerelle di legno che si articolano attorno alla vegetazione, ponti sospesi e nidi fatti di giunchi da cui poter osservare l’alba e guardare le stelle solo con candele e torce date a disposizione.

Eco-Resort Azukil, ph. https://www.azulik.com

Svoltando verso la Quintana Roo 109, direzione Francisco Uh May, incontriamo l’altro grande progetto di Eduardo Neira, il Centro per le Arti Azulik Uh May.

Centro per le Arti Azulik Uh May, Masterplan

La poetica alla base della progettazione di Eduardo Neira è quella di invitare il fruitore alla connessione con la natura e con il territorio circostante attraverso un universo in cui riconnettersi con se stessi. Ed è la stessa poetica che ispira la realizzazione di Azulik Uh May, dove il White Box delle Gallerie d’Arte lascia spazio a pareti di corteccia e cemento curvilineo, soffitto di fronde, alberi locali ed illuminazione naturale.

La struttura è alta circa 16 metri e termina con una cupola di cemento rinforzato e legno di Bejuco, una pianta rampicante di provenienza locale originaria della regione, coronata dal Fiore della Vita la cui forma geometrica, composta da cerchi sovrapposti disposti in un motivo simile a un fiore, si sviluppa alla base secondo le proporzioni della famosa sequenza di Fibonacci.

Azulik Uh May, ph. © Alessandro Devito

Tre diramazioni compongono la struttura irregolare del soffitto a fronde che ricopre l’intero spazio espositivo ed in cui si inseriscono diagonalmente, qua e là, dei rami più piccoli che permettono alla luce naturale di filtrare attraverso le fessure. Lo spazio è illuminato anche da aperture di forma e dimensioni diverse, inserite a differenti altezze, che hanno la duplice funzione di guardare i dintorni naturali selvaggi che dialogano con la struttura.

La pavimentazione in cemento è sopraelevata rispetto al terreno, in modo da non interferire con il paesaggio naturale in cui si inserisce la struttura ed è naturale anche il passaggio, reso libero, della vegetazione esistente dove nessun albero è stato tagliato per fare strada al progetto. I percorsi sono formati da lingue di cemento sospese alle quali si intrecciano arbusti, giunchi e piante rampicanti.

Azulik Uh May, Ph. © Alessandro Devito

Uno spazio che nasce come un organismo naturale posatosi sul terreno da dove prende linfa vitale e da cui attinge energia per trasmetterla poi, a sua volta, quando si cammina a piedi nudi sulla pavimentazione ondulata in cemento levigato e sopra tappeti di viti curvate. Non esiste, in questo caso, un dentro ed un fuori, uno spazio delimitato dalla materia in cui si sviluppa una forza centripeta, una visione prospettica data dalla presenza di una fuga e dall’assenza di una cerchialità armonica. Lì dove le fronde degli alberi si muovono al vento sembra quasi di essere all’aria aperta.

La natura stessa del progetto rende leggibile il percorso narrativo che la caratterizza attraverso la chiarezza degli intenti e le regole chiare e assolutamente decifrabili in cui si struttura. Questo è a mio avviso il merito del progetto. Il rapporto tra le forme antropomorfe costituisce la base della forma delle relazioni che si instaurano tra la persona e la materia. Sicuramente si può parlare di un approccio all’architettura di tipo antropocentrico, in cui lo spazio è configurato secondo modalità costruttive democratiche, senza un ordine gerarchico ed in armonica proporzione tra di loro.

Lì dove Azulik Uh May è lui stesso definito un’opera d’arte (in questo dissento e poco mi adeguo a tale definizione perché non ritengo ci sia una ricerca estetica fine a se stessa) siamo di fronte ad un approccio progettuale di Architettura Organica, dove l’equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale integra perfettamente gli elementi artificiali propri dell’uomo con quelli naturali dell’ambiente in cui si inserisce.  Siamo, altresì, di fronte ad un tentativo estremo di dare all’Architettura il compito di ridefinire la relazione tra l’arte e l’ambiente in cui vengono esposte le opere, il tutto nell’equilibrio totale con “la madre natura, così da permettere un’esperienza olistica dell’arte che coinvolge tutti i nostri sensi e non soltanto la vista”. Questo è il caso in cui l’Architettura si mette al servizio dell’Arte, ridefinendo i princìpi di dialogo che intercorrono fra loro attraverso la configurazione di spazi che coinvolgano sia sotto il profilo materiale sia su quello spirituale e psicologico. 

Scrive Frank Lloyd Wright, ritenuto il fondatore dell’Architettura Organica: “…Io vi porto una nuova Dichiarazione d’Indipendenza ….Architettura Organica vuol dire né più né meno, società organica. Gli ideali organici rifiutano le regole imposte dall’estetismo epidermico o dal mero buon gusto, e la gente cui apparterrà questa architettura ricuserà le imposizioni che sono in disaccordo con la natura e con il carattere dell’uomo…Troppe volte nel passato la bellezza ha contrastato il buon senso…Nell’era moderna l’arte, la scienza e la religione s’incontreranno, sino ad identificarsi: tale unità sarà conseguita mediante un processo in cui l’architettura organica eserciterà un ruolo centrale”. Bruno Zevi, massimo studioso di Frank Lloyd Wright è esplicito a proposito dell’Architettura Organica: “Il dinamismo organico rispecchia e promuove i reali comportamenti dell’uomo, punta sui contenuti e sulle funzioni” e quindi il compito dell’architettura organica è “…di far discendere la configurazione dell’edificio dall’insieme delle attività che vi si svolgono, ricercando negli spazi vissuti la felicità materiale, spirituale e psicologica degli utenti, ed estendendo tale esigenza dal campo privato a quello pubblico, dalla casa alla città ed al territorio. Organico è quindi un attributo che si fonda su una idea sociale, non su di una intenzionalità figurativa; in altre parole, si riferisce ad una architettura tesa ad essere, prima che umanistica, umana”.


Risultati immagini per azulik uh may

“AZULIK Uh May is a holistic center for human vision and evolution created in the jungle of Tulum by Roth (Eduardo Neira), social entrepreneur and founder of AZULIK.
Reconnecting individuals and tribes –both native and contemporary – with one another, with others and with the environment”.

 

Architetti: Roth-Architecture (Eduardo Neira) 
Posizione: Grulla 23 Francisco Uh May,
77796 Franscisco Uh May, Quintana Roo
Opening hours: Tuesday – Sunday, 12pm to 6pm

https://www.azulikuhmay.com/ 


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