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Lo stile fotografico impeccabile di Stefano Barattini è riproposto in questo portfolio dedicato al Bauhaus. La mostra si terrà dal 12 aprile al 2 maggio 2019 presso la libreria universitaria Franco Angeli, nel quartiere Bicocca, Milano.

La fotografia di architettura risponde, generalmente e basilarmente, al criterio dell’illustrazione della natura di un manufatto, quale che sia lo stile rappresentato.

Nel caso degli edifici della Staatliches Bauhaus, attualmente residente a Dessau, Germania, Stefano Barattini esprime nel suo lavoro una buona identificazione con il rigore razionalista dell’opera, realizzando fotografie pienamente rispondenti allo spirito del tempo.

Immagini che parlano di essenzialità delle linee e funzionalità degli spazi in nome di un’estetica contraria al decoro ridondante dello stile ornamentale floreale, tipico dell’Art Nouveau, dalla quale si distacca completamente.

Scarno ed essenziale nella forma, il manufatto razionalista, che sia una casa o degli oggetti d’uso comune, manifesta una sua rassicurante bellezza dovuta alla praticità e schematicità degli ambienti e degli oggetti fatti per l’uso quotidiano, utilmente funzionali, senza penalizzare la cura progettuale da cui originano.

Ma ora lascerei parlare l’autore:

“Va da sé che il periodo storico che più mi affascina è quello dall’inizio del 1900 alla fine della seconda guerra mondiale, per tutti i mutamenti, anche drammatici, che hanno coinvolto l’Europa e il mondo intero.

In questo periodo, soprattutto agli inizi del 1920, fino alla fine della seconda guerra mondiale, con strascichi che arrivano fino agli anni ’60 e che si manifestano anche più tardi, nascono in Europa movimenti caratterizzati da un denominatore comune.

Si cerca cioè di dare delle linee guida univoche all’architettura (spesso di regime).

Di questa nuova corrente apprezzo l’essenzialità, la pulizia delle linee, la ricerca di nuovi materiali, la razionalità degli edifici che uniscono estetica e funzionalità.

La capacità soprattutto di “giocare” coi volumi e riuscire nel difficile intento di rendere armoniose strutture solo in apparenza goffe e pesanti.”

Immagini nitide che esaltano le geometrie coinvolte nel “gioco di volumi”, alleggerendo l’apparente pesantezza delle forme rappresentate.

Il percorso fotografico guida l’osservatore dall’esterno all’interno dell’edificio, nel rispetto dell’esistente, così come appare ai nostri occhi. Una buona fusione tra osservatore e cosa osservata, nella quale si escludono gli artifici della fotografia che definirei neobarocca, volta ad alterare il proprio oggetto per compiacere le pretese artistiche del fotografo.

Quindi fotografia di documento, essenziale come i soggetti raffigurati. Scatti eseguiti nelle diverse ore del giorno, in modo da consentirci di apprezzare la buona dotazione di vetrate che migliorano la luminosità degli interni anche quando la luce scarseggia.

L’impiego dei colori primari, tipico di questo movimento artistico, risalta in modo particolare nell’opera del fotografo.

Stefano Barattini ha voluto regalare a se stesso e ai suoi estimatori un viaggio a ritroso nel tempo,  testimoniando l’innovazione nell’arte e nell’architettura che, dall’inizio del Novecento, ha percorso  l’intero secolo per giungere a noi inalterata nella concezione e culturalmente influente.


Stefano Barattini, classe 1958, ha iniziato a fotografare nel 1979 unendo dall’inizio la passione per la fotografia a quella per i viaggi. Ha collaborato per quattro anni con la rivista Mototurismo  raccontando con testi e foto i suoi viaggi in moto. Dopo una pausa di riflessione ha ripreso l’attività fotografica nel 2006, periodo in cui il digitale cominciava ad apparire sulle scene, accogliendo il cambiamento con l’adozione di reflex digitali. I viaggi sono sempre stati al centro del suo interesse, analizzando luoghi e popoli, cogliendone l’essenza attraverso la fotografia. A partire dal 2013 ha scoperto e approfondito il mondo dei luoghi abbandonati, con particolare interesse per gli insediamenti industriali, in Italia e all’estero. Questi luoghi rappresentano un mondo scomparso che fu, un tempo, portatore  di progresso economico, benessere e valore per l’essere umano. Insediamenti che oggi sono, purtroppo, soggetti a degrado, valori perduti a seguito di una mancata riqualificazione. Gli studi di Architettura lo hanno da sempre portato a rappresentare i contesti urbani e il loro rapporto con l’essere umano. A questo riguardo è d’obbligo soffermarsi su un tema importante, quello delle periferie che, più di altre realtà, inducono gli abitanti ad accettare, se non addirittura subire,  una sorta di convivenza con spazi non sempre a misura d’uomo. Grande appassionato del periodo modernista e razionalista, va alla ricerca degli elementi architettonici che rappresentano forse l’ultima vera corrente stilistica di quel contesto.


Tutte le immagini contenute in questo articolo sono soggette a copyright
© Stefano Barattini.