MURAKAMI: REALE E IRREALE SPESSO…

Già 3 volte (ma se ci penso arrivo a 4) ho tediato chi passa in “bottega” con il mio amore per Murakami. Adesso ho finito l’ultimo – mi pare – dei suoi 26 libri tradotti in italiano. Si tratta di 8 racconti riuniti sotto il titolo «Prima persona singolare» (150 pagine, 18 euro) pubblicato pochi mesi fa da Einaudi nella traduzione di Antonietta Pastore. Gli innamorati sono esigenti o permissivi? Fedeli ma permalosi o pronti a scivolare nel tradimento alla prima delusione? Non generalizzo ma per quanto riguarda il mio amato Haruki Murakami io sono rimasto freddo pochissime volte e più che altro per brevi racconti. In generale tutti i suoi libri – soprattutto quelli più surreali ma anche gli altri “realistici” – mi hanno sempre lasciato con il gusto di… proseguire: si trattasse di 150 pagine o di 800 all’ultima riga mi dicevo “già finito?”. E il mio amico Francesco Masala mi tiene bordone. Mentre le mie amiche Bianca e Fiorella un po’ mi prendono in giro perché per anni mi hanno “incalzato”… che DOVEVO leggere Murakami ma io rimandavo.
Nel pieno dell’amore cosa scrivo di «Prima persona singolare»?

È ancora “una cotta”?
Non so. Stavolta non so. Proprio non so.
Un racconto (quello sul baseball) lo giudico bruttarello e un altro («With the Beatles») annacquato. Quattro sono ben scritti ma non all’altezza del “mio innamoramento” e nel quartetto solo uno rimanda al Murakami che si muove fra universi paralleli (per questo alcune mie recensioni ai suoi libri sono apparse in “bottega” il Marte-dì che è il giorno dedicato, in parte, al fantastico); o meglio, come scrive lui, «avevo l’impressione che reale e irreale scambiassero posto a casaccio».
Però…  «La crema della vita» mi ha tenuto sveglio di notte perché anche io – come il protagonista – ho provato a immaginare «diversi centri, anzi infiniti centri, ma in un cerchio che non ha circonferenza»; il mio amico Fabio / Jolek – con il quale ho discusso del racconto – dice che il messaggio è chiaro … ma io «non ne ho la minima idea» (sì, come il protagonista). Comunque non farò spoiler.
Se avete tenuto il conto siamo a quota 7.
L’ottavo racconto è meraviglioso, vale da solo il prezzo del libro almeno per chi ama il jazz. Si intitola «Charlie Parker plays Bossa Nova»: sin dall’inizio “Bird” – il soprannome del sassofonista – torna a vivere. Ma altro non vi dirò.
«Ci potete credere?
Spero proprio di sì. Perché è una cosa accaduta davvero».

Regatevelo, magari il 29 agosto che è l’anniversario di Bird (e di un altro Francesco: quanti intrecci amicali oggi). Colonna sonora consigliata… beh non c’è bisogno di dirlo un album di Charlie Parker anche a casaccio: con una lieve preferenza per il qui citato «Relaxin at Camarillo» (un ospedale psichiatrico in California) e/o per «Lover Man» nella versione del 29 luglio 1946.
Sì, è ancora amore.

 

Questo articolo è stato ripreso da https://www.labottegadelbarbieri.org/?s=charlie+parker




Murakami. Il Mestiere dello scrittore.

Rovistando fra rete e social network, osservo il fiorire di scuole e laboratori di scrittura creativa, da almeno un paio d’anni. Quasi si sentisse l’urgenza di dare alle stampe i propri pensieri ricavandone imperdibili romanzi e racconti.

Un’amica
psicoanalista sostiene che per farsi notare occorre scrivere almeno un libro,
pena l’oblio al quale ci costringe la nostra finitudine, e ciò probabilmente
riferendosi a individui che palesano incertezze sul proprio valore.

Vorrei
dire quello che penso senza peccare di supponenza o eccessiva severità: quando
scriviamo per dare al mondo un segno significativo e memorabile del nostro
passaggio, occorre dimostrare talento e vocazione come requisiti minimi.

Esclusi
i meritatamente grandi autori della narrativa mondiale, oggi assistiamo alla
consacrazione rituale di alcuni autori minori per qualità delle loro opere,
osannati dal grande pubblico e dai mass media; preferisco sorvolare sul
velleitarismo di talune soluzioni.

La vocazione da sola non basta e il talento è una dote naturale o è rinforzato da una buona pratica sull’uso dei ferri del mestiere?

A tal proposito faccio ricorso alla testimonianza di Murakami Haruki, riconosciuto romanziere di successo, il quale ci spiega come fare, nel suo libro intitolato Il Mestiere dello scrittore, in modo confidenziale, coinvolgente e impeccabile nello stile.

Un
saggio alla Murakami, perfettamente identificativo del suo essere uno scrittore
non convenzionale: leggerlo è come entrare a casa sua, sedersi sul divano e
ascoltarlo raccontare.

Murakami, lungi dal presentare tesi accademiche sulla scrittura, divulga il suo metodo nel quale spiccano espedienti, alcuni apparentemente stravaganti: dal semplice invito alla lettura come abitudine connaturata – è indispensabile leggere per comprendere gli altrui costrutti, confrontandoli con i propri -, alla non futile flânerie di chi si perde nel girovagare. Infatti, compito del flâneur è perdersi nell’osservazione attenta di cose, persone, fenomeni, senza dare giudizi di valore; trasformare poi il tutto in materiale utile alla costruzione del romanzo.

“Autori
eccelsi, autori così così, autori insignificanti…non ha (alcuna) importanza,
l’essenziale è leggere in continuazione. Far passare dentro di sé il maggior
numero possibile di storie. Frasi scritte in modo meraviglioso, ma a volte
anche mediocre.”

Sottolineo “far passare dentro di sé” (mi fido della traduttrice).

Un cenno al capitolo quinto dedicato al cosa scrivere; Murakami ci soccorre spiegando quanto sia importante non tanto esprimere giudizi, quanto immagazzinare informazioni attivando un “processo minimo” di organizzazione delle medesime: accumulare materiale con la pertinacia del collezionista e trattenere dettagli peculiari; infine riporre il tutto in una Wunderkammer  del pensiero. Curioso il procedimento di estrazione e utilizzo di questo materiale apparentemente inerte, che diventerà “vivo” e “altro” entrando nel contesto narrativo. Come? Leggete il libro e lo scoprirete.

“Inutile
dire che per me, che sono uno scrittore, le informazioni stipate in quella
cassettiera sono un bene insostituibile, di grande valore.”

Ora, cari lettori di Diatomea passo a sottoporvi una recensione del libro, ad opera di Lorenzo Leone, nel suo blog Cabaret Bisanzio. Recensione accurata, tale da rendere inutile che io faccia altrettanto.


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