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Starbucks sbarca in Italia e apre il più grande caffè d’Europa a Milano negli eleganti locali di Palazzo Broggi nella centralissima Piazza Cordusio.

In collaborazione con Artevitae, Diatomea è lieta di ospitare oggi Rita Manganello con il suo articolo “Starbucks apre le porte a Milano”. Buona lettura!

ArteVitae è una rivista online che, come Diatomea, ha lo scopo di divulgare e promuovere l’arte in ogni sua forma e contenuto. L’idea della collaborazione nasce dalla volontà di offrire ai nostri lettori un’assortita selezione di argomenti e contenuti, attraverso la pubblicazione di articoli scelti dalla nostra redazione tra quelli già pubblicati o in via di pubblicazione su ArteVitae, con lo scopo di ampliare e variegare la già ricca proposta editoriale del Blog #diatomea, contaminandola attraverso una forte sinergia tra le due redazioni.

Starbucks Milano – Foto di Elle Decor

Il caffè: bevanda esotica naturalizzata italiana. La parola caffè rivitalizza la memoria e mi riporta indietro nel tempo quando, da bambina, osservavo incuriosita le illustrazioni e i testi contenuti nell’enciclopedia per ragazzi “Vita Meravigliosa”, riguardanti le piantagioni, la fazenda, i cicli di lavorazione del frutto fino alla torrefazione:

“La torrefazione viene compiuta sui mercati di consumo: è durante questa operazione che si sviluppano e si fissano quelle sostanze aromatiche che rendono tanto gradito l’infuso”. 

Vita Meravigliosa, vol. 1, Confalonieri.

La torrefazione, appunto. A quel tempo accompagnavo la mamma ad acquistare il caffè alla vicina torrefazione, un locale elegante, arredi in noce scuro che spiccavano sul mosaico dorato delle pareti. Ero molto interessata alla macinazione dei chicchi della miscela prescelta, all’interno di un imbuto di vetro che li faceva saltellare triturandoli finemente, fino a ottenere la polvere bruna, pronta per la preparazione di un buon caffè casalingo. Ricordo con affetto alcune coffee experience vissute nel corso del tempo: il caffè garbatamente dolce e cremoso gustato in un bar di Roma dalle parti di via Veneto, e quello denso e sabbioso della botteguccia imbiancata di Atene, nei pressi del Museo nazionale.
E poi il caffè americano, ma di questo parlerò più avanti.

È venuto il momento di condividere, con i lettori di ArteVitae, le mie impressioni sul nuovo locale milanese del rinomato brand Starbucks – The best coffee and espresso drinks – la multinazionale americana di caffetterie, fondata il 30 marzo 1971 a Seattle da Howard Schultz.

I fondamentalisti del caffè espresso, tutto italiano, gli integralisti della tazzina declinata in svariati modi: “me lo faccia lungo, ristretto, deca, macchiato caldo o freddo” e giù di fantasia, probabilmente alzeranno il sopracciglio. Non mi è dato saperlo con certezza al momento, tuttavia suppongo che la globalizzazione dei gusti sarà addomesticata in omaggio alla tradizione italiana.

Trovo in rete questa enfatica introduzione all’avvento del brand:

“Starbucks a Milano: una delle caffetterie più belle del mondo. 

Il colosso americano apre nel cuore del capoluogo lombardo col nuovo e sorprendente format Reserve Roastery, sperimentato fino ad oggi a Seattle e a Shanghai. 

Italia protagonista nella sperimentazione di una nuova esperienza di retail”. 

Manageritalia

La sede è nientemeno che Palazzo Broggi, che in passato ospitò la Borsa ed ex palazzo delle poste nella centralissima piazza Cordusio, a due passi dalla City milanese e prospiciente la storica via Dante, strada a vocazione commerciale, sul fondo della quale si affaccia il Castello Sforzesco. Gli americani fanno le cose in grande, si sa. L’articolo prosegue trionfante:

“Starbucks ha recentemente lanciato un nuovo brand, Reserve Roastery,
con un look e un’esperienza totalmente unici nel panorama mondiale del food & beverage,
e il megastore di Milano sarà solo il terzo a livello globale, dopo l’apertura del primo a casa di Starbucks, a Seattle, nel 2014 e il secondo a Shangai lo scorso dicembre.

In primo luogo la Roastery è una vera e propria torrefazione, dove vengono tostati
diversi caffè rari. Mentre ci si trova in negozio un pannello un po’ in stile aeroporto
comunica in tempo reale i caffè che stanno venendo torrefatti e si assiste al trasporto
dei chicchi di caffè attraverso tubi pneumatici. 

La torrefazione è in diretta, con tutti i sensi che vengono stimolati: olfatto, vista, udito”. 

Manageritalia

Quindi non aspettiamoci la caffetteria standard coi bicchieri di plastica per il caffè da passeggio, ma qualcosa di più sofisticato a cui si aggiunge la pasticceria e altri prodotti da forno del nostrano Princi.

C’è di che rimanere impressionati da tale turboimprenditorialità. Pare che il signor Howard Schultz, Chairman of the board della società statunitense, abbia deciso di avviare l’avventura italiana di Starbucks perché affascinato dai nostri rituali di preparazione del caffè, considerati romantici. Saper coniugare romanticismo e imprenditoria è sicuramente una dote che può accompagnare l’impresa verso il successo. Intanto procedono i preparativi per la presentazione dell’esclusivo evento di apertura al pubblico del megagalattico locale: 2300 metri quadri e pavimentazione in marmo di candoglia, omaggio alla cattedrale retrostante. Il giorno prima dell’inaugurazione piazza Cordusio è transennata e chiusa al traffico, i tram deviati dal loro percorso per lasciare spazio ai ballerini dell’Accademia della Scala che si esibiranno per l’occasione, mentre i milanesi in assetto lavorativo si dimostrano infastiditi dal disagio provocato dall’invadente manifestazione: Starbucks o no, devono correre a fatturare, e inviano le loro lamentele al Comune di Milano.

Piante ornamentali e gazebo esteticamente arredati posti all’esterno del locale, introducono il consumatore in uno spazio dilatato dove domina al centro la macchina tostatrice, un bancone lungo una decina di metri anch’esso in marmo di Candoglia e i consueti tavolini per le consumazioni. Qualcosa che mi ricorda più che altro un’area ristoro aeroportuale, molto distante dalla nostalgica bottega del caffè; il tutto molto glam, naturalmente; un luogo nel quale si passa inosservati: potrei uscire senza pagare e non se ne accorgerebbe nessuno. Il primo piano è adibito a bar denominato “Arriviamo”, destinato al bere alcolico e analcolico. Direi che non manca niente.

A poche ore dall’apertura Codacons insorge con un esposto presentato all’Antitrust circa il prezzo elevato della tazzina di caffè, 1,80 euro, cappuccino 4,50 e caffè americano 3,50 euro. Prezzi troppo elevati, a danno degli utenti italiani che vogliono provare l’ebbrezza di una consumazione fornita dal colosso mondiale della caffetteria.

Altri negozi seguiranno, ma di profilo più basso, i quali dispenseranno il tradizionale caffè americano servito nei bicchieroni d’asporto, classico beverone dei detective delle serie TV, trangugiato durante gli appostamenti in auto.

Chiudo con la citazione di un illustre autore:

“Il caffè americano può essere un intruglio servito a cento gradi in bicchieri di plastica 

con effetto thermos, imposto di solito nelle stazioni a fini di genocidio, 

ma il caffè fatto con il percolator, come lo si può trovare in certe case private o 

in modeste luncheonette, servito con le uova al bacon, 

è delizioso, fragrante, si beve come acqua, e poi vi vengono le palpitazioni, 

perché una tazza contiene più caffeina di quattro espressi”. 

????????????Umberto Eco, Come viaggiare con un salmone, La Nave di Teseo.

Sia resa giustizia alla vera icona di Starbucks, altro che Reserve Roastery!


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