image_pdfimage_print

Immagine tratta da  https://www.planetizen.com/node/91276/mapped-ghost-bikes-chicago

Dino Risi ne fece anche un film.

Il simbolo di quel periodo italiano definito “boom economico” era quell’Automobile Lancia. Un modello nato male, non frenava, ed è stato causa di incidenti anche mortali, come si vede anche nel film. Uno sbruffone personificato da Vittorio Gassman che percorre la via Aurelia , dando sfogo a quell’italiano modo di fare dove ognuno deve essere al di sopra di qualcun altro. Con furbizia, disonestà e sopraffazione.

Oggi.

La “cultura del sorpasso” non è mai cambiata. In ogni modo o tempo, nel luogo di lavoro, nella famiglia, ci deve essere chi deve eccellere a tutti i costi, anche ignobilmente. A questo, la guida in strada dà modo di “esprimersi” nel più sporco istinto.

In ogni dove si vedono le ghost bike, quelle biciclette dipinte tutte di bianco ai lati della strada. A commemorare chi ha perduto la Vita per pedalare. Per sport o mobilità diversa.

Dicevo.

La “cultura del sorpasso” nel settimo paese più industrializzato al mondo risiede nelle menti, retaggio di quel periodo in cui si compravano lavatrici, televisori… il volano di un consumismo che si è radicato come forma di economia con base “oltrecapitalistica”.

I bisogni indotti, la svendita del tempo, le mancanze indotte. I fallimenti indotti.

Su questo un ciclista, che viene affiancato prima dalla rombante decappottabile, a cui viene chiesto se si vuole attaccare, come a proporre una diversità di fondo.

Lui pedala per sé e non ne vuole saperne di barare.

Più avanti… Il gruppone…

Daje la bomba che sso’ moooortiiii!!!” Altro gesto di dinonestà di fondo. Le scorciatoie, i sorpassi , tutto per arrivare prima. Ma dove?! Anche a scapito della Vita altrui.

La maggior parte delle morti in strada avvengono per distrazione ed eccessiva velocità.

ghost bikers tra l’altro anche motociclisti, sono ai lati delle strade.

Evanescenti, come a salutare chi passa loro davanti. Sono “presenze” di quelle Anime strappate dal sorpasso, dall’affrettarsi a voler comprimere il tempo, quando non c’è spazio.

Personalmente ho provato ad avere una mobilità diversa girando qualche volta con la bicicletta a Roma.

La penalizzazione grande è che i suoi colli, non sette, ma molti di più, non rendono vita facile ad un ciclista. Un paio di volte ho rischiato di farmi veramente male: Roma è caotica. I suoi abitanti fremono dietro a chi ha un’andatura civile ed “a codice”. Almeno per me muovermi per andare a lavoro sarebbe impossibile. Non ci può essere una mobilità sostenibile in una città poco sostenibile per ritmi di lavoro, vita quotidiana. Un operaio si stanca, un impiegato meno.

Pedalare in una città meravigliosa sarebbe il massimo, ma vivere un pendolarismo quotidiano dalla periferia sarebbe aggiungere stress a chi deve muoversi in una vera giungla dell’Urbe.