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Per caso, come succede qualche volta in uno studio, nel cercare alcuni documenti, sono affiorati da un cassetto alcuni cartoncini bianchi della dimensione di biglietti da visita con disegni a fil di ferro e frasi ermetiche.

Gli schizzi erano forse un po’ infantili, disegnati con mano incerta, ma avrebbero potuto benissimo somigliare ad ideogrammi abbozzati da architetti di altri tempi, quando si disegnava solo a mano, per fissare le idee o le impressioni di un luogo o di un progetto. Ma le frasi, prese così da sole senza contesto, Verdone avrebbe detto avulse, erano incomprensibili! Girato il cartoncino scoperto l’arcano: “Progetto: Se navigando uso la bussola…a cura del Dipartimento Educazione del MAXXI e del Dipartimento di Salute Mentale ASL RMA”.

Disegno realizzato per il progetto “Se navigando uso la bussola”… a cura del Dipartimento Educazione del MAXXI e del Dipartimento di Salute Mentale ASL RMA

Come d’incanto, la mia memoria è andata a quando, con i colleghi di Amate l’Architetturaeravamo entrati a visitare il MAXXI a Roma, prima che fosse allestito il museo e prima ancora della sua inaugurazione. Il ricordo sembrava recente ma invece risaliva ad almeno otto o nove anni fa quando con la dott.ssa Stefania Vannini, responsabile del Dipartimento Educazione del museo per il MIBAC, un piccolo gruppo, uno dei tanti scoprimmo in seguito, eravamo entrati in avanscoperta dentro questo strano oggetto che era piombato come un’astronave sul Flaminio. Un’altra perla sullo stesso asse dell’Auditorium di Renzo Piano, in aggiunta al Palazzetto dello Sport e allo Stadio Flaminio di Nervi e, come ultimo arrivato, il Ponte della Musica, mentre a poca distanza, sulla perpendicolare al di là del fiume, si distende imponente l’area sportiva del Foro Italico.

Il MAXXI è stato inaugurato il 28 maggio del 2010 ed è il primo museo nazionale di architettura in Italia e quest’anno ha compiuto otto anni dalla sua inaugurazione.

Il MAXXI è stato il risultato di un concorso in due fasi indetto dal Ministero dei Beni Culturali dopo aver acquisito le aree delle ex caserme Montello dal Ministero della Difesa per la creazione di un polo museale nazionale. Scelto tra 15 progetti selezionati su 273 partecipanti sará vincitore quello di Zaha Hadid per la sua capacità di integrarsi nel tessuto urbano e per la soluzione architettonica innovativa di interpretare le potenzialità della nuova istituzione e di dotarla di una straordinaria sequenza di spazi pubblici”.

Chiunque abbia visto il MAXXI, architetto o no, non potrà negare di aver avuto, per un edificio del genere a Roma e nel quartiere Flaminio, l’impressione di vedere un UFO, un corpo estraneo atterrato in una zona a caso di Roma. Ma Zaha Hadid o si ama o si odia, anche se come detto prima l’area accoglieva già prestigiose architetture non sempre purtroppo conservate all’altezza del loro valore. Perché noi eravamo finiti lì?

Non perché fossimo per la maggior parte architetti, ma perché il MIBAC all’epoca sotto la guida dell’arch. Pio Baldi della DARC, Direzione Generale per l’Arte e l’Architettura contemporanea, aveva sviluppato un grandissimo lavoro di preparazione del quartiere per l’avvento del nuovo museo.

Una sorta di progetto partecipativo alla rovescia.

Attualmente in applicazione della Delibera 57 del 2 marzo 2006 del Comune di Roma, l’ente pubblico ha l’obbligo di promuovere Il processo partecipativo per i progetti di trasformazione urbana al fine, non ultimo, di favorire la qualità, la trasparenza e la coesione sociale. Per esperienza diretta, queste pratiche a volte sono delle pure formalità e non influenzano minimamente le decisioni spesso assunte in anticipo e all’insaputa degli ignari cittadini che vi partecipano. Senza che il materiale prodotto da questa partecipazione sia realmente utilizzato per lo scopo per cui era stato elaborato. Questo modo di intendere ed attuare il processo partecipativo genera soltanto un maggiore scollamento con la popolazione e, di conseguenza una grande sfiducia nelle istituzioni.

Per ritornare al MAXXI, Stefania Vannini è stata per tutto il periodo della sua costruzione, una delle artefici di questo scambio con il quartiere, le associazioni, le persone disabili e chiunque fosse interessato a interfacciarsi con la nuova realtà che si andava concretizzando.

Noi architetti lo sappiamo, ma a volte non vogliamo porci il problema, che una nuova costruzione modifica sempre la realtà in cui questa viene inserita, crea nuove relazioni e sta lì e ci rimarrà per molto tempo indipendentemente dal suo valore estetico. Una volta realizzata lì rimane, nel bene o nel male!

Ma quello che stava sviluppando Stefania Vannini andava oltre i limiti dei suoi compiti istituzionali. Aveva elaborato un articolato programma di relazioni complesse tra il museo e le persone di tutti i generi con una particolare attenzione a quelle che avrebbero potuto avere più difficoltà a relazionarcisi o che non avrebbero potuto entrarci con la consapevolezza delle persone cosiddette normali.

Il progetto era stato avviato in collaborazione con il Centro di Salute mentale di via Palestro, oggi ASL Roma 1, e coinvolgeva un gruppo di pazienti insieme a un gruppo di persone in pensione del quartiere Flaminio che avevano risposto alla proposta del museo di fare, in occasioni speciali, da mediatori culturali sulle opere della collezione permanente (selezionati grazie alla collaborazione con la parrocchia di Santa Croce al Flaminio e la Biblioteca Flaminia di via Fracassini).

Quando ci ha accolto, nella sala con le colonne in ghisa una parte dell’edificio della vecchia caserma integrato nel nuovo progetto con l’ingresso direttamente su via Guido Reni dal quale noi eravamo entrati, attualmente occupata dalla caffetteria e bookshop, ci ha raccontato perché anche noi eravamo lì e che cosa fossero quei cartoncini bianchi che erano a disposizione di noi visitatori privilegiati.

Era il risultato del progetto di familiarizzazione con la costruzione che stava portando avanti con le persone che frequentavano il CIM di via Palestro ai quali era stato chiesto, dopo aver visitato il museo, di fissare le loro sensazioni scrivendo e disegnando appunto su quei cartoncini.

Frasi scritte per il progetto “Se navigando uso la bussola”… a cura del Dipartimento Educazione del MAXXI e del Dipartimento di Salute Mentale ASL RMA 

Disegno realizzato per il progetto “Se navigando uso la bussola”… a cura del Dipartimento Educazione del MAXXI e del Dipartimento di Salute Mentale ASL RMA

Disegno realizzato per il progetto “Se navigando uso la bussola”… a cura del Dipartimento Educazione del MAXXI e del Dipartimento di Salute Mentale ASL RMA

Al contrario di quello che poi mi è successo in seguito nel visitare altre mostre, in quel momento, all’interno senza barriere e vincoli di percorsi preorganizzati, non si perdeva affatto l’orientamento, bastava andare e ci si orientava facilmente, anche se in parte eravamo stati guidati, ma tutto scorreva. Forse come nel pensiero progettuale di Zaha Hadid. 

Disegno realizzato per il progetto “Se navigando uso la bussola”… a cura del Dipartimento Educazione del MAXXI e del Dipartimento di Salute Mentale ASL RMA

Prima del MAXXI l’unico edificio che avevo visitato di Zaha Hadid era la Stazione dei Vigili del Fuoco al Vitra Museum, opera del 1993, a Weil am Rheim, in Germania, che come struttura dedicata a tale funzione mi era sembrata improponibile se la si guardava con l’occhio del funzionalismo, ma nel parco di Weil am Rheim l’utilità degli edifici è un elemento trascurabile e Zaha Hadid non ha mai fatto mistero del fatto che non è il funzionalismo il suo primo pensiero nel progettare.

Ma un museo dovrebbe avere altre caratteristiche, la funzionalità in questo caso dipende molto dal fatto che si possa o meno utilizzare per lo scopo per cui è nato, è sicuramente un polo che attrae, anche il suo spazio esterno pur essendo utilizzato solo nelle ore di apertura, purtroppo, è uno spazio che i cittadini del quartiere sentono come proprio e lo vivono anche con bambini ed è frequentato a tutte le ore del giorno.

Di contro il museo è sicuramento un oggetto costoso dal punto di vista della manutenzione e questo forse è dovuto anche al tipo di materiali usati nella costruzione sia interna che esterna, ma qualche volta si può anche mettere in conto che con la cultura non sempre i conti tornano!


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