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“La mia canzone non è per nulla antimilitarista ma, lo riconosco, violentemente filo-civile”[1]

Se c’è una canzone che più di tutte è stata uno dei simboli del pacifismo e della disobbedienza civile, questa è senza dubbio Le Déserteur, scritta nel 1954 dal francese Boris Vian.

Prima però di parlare della canzone in questione, vale la pena spendere due parole sull’autore: nato nel 1920, Boris Vian ebbe una vita tanto breve quanto intensa. Personaggio poliedrico e dai mille interessi, tra le tante attività che svolse si annoverano quella di scrittore, drammaturgo, poeta, critico musicale, trombettista jazz, autore di canzoni e chansonnier, ingegnere, traduttore, dirigente discografico. Forse ce ne sfugge ancora qualcuna, ma non possiamo non ricordare che fu lo storico animatore dei celebri e mondani party di Saint-Germain-des-Prés, nonché amico di illustri letterati, musicisti ed artisti.

Ma è per una condanna per pornografia che Vian salì alla ribalta delle cronache transalpine. Il suo J’irai cracher sur vos tombes del 1946 (Sputerò sulle vostre tombe, marcos y marcos, 1998), romanzo hard-boiled all’americana con una storia di delitti e sesso, scritto per una scommessa con l’editore nel giro di due settimane sotto lo pseudonimo di Vernon Sullivan, vendette mezzo milione di copie e divenne un best-seller del ’47, l’unico successo letterario di una certa rilevanza della sua carriera. Ma a tale successo seguì una denuncia per offesa alla morale pubblica; il libro fu sequestrato, condannato, proibito. Nell’aprile di quell’anno, il libro venne rinvenuto sulla scena di un delitto.[2] Ormai anche la stampa si era schierata contro quel pericoloso istigatore a delinquere di Boris Vian, che nel frattempo fu costretto ad uscire allo scoperto. A nulla valsero le parole di difesa di Jean Cocteau, Albert Camus, e Jean-Paul Sartre. Boris Vian era il nemico della morale pubblica, era il simbolo della disobbedienza e dell’anticonformismo.

Ma tale etichettatura non poteva che compiacere Vian, da sempre volontariamente distante da ogni ideologia e da ogni movimento culturale o politico. L’unica filosofia che sentiva di abbracciare era quella scienza delle soluzioni immaginarie nota con il nome di ‘Patafisica, fondata da Alfred Jarry ad inizio secolo.

La vena antimilitarista di Vian era già emersa nei racconti raccolti in Les Fourmis[3] del 1946, per poi consolidarsi con il suo ineguagliabile sarcasmo con le pièces teatrali L’équarrissage pour tous (Tutti al macello, con sottotitolo Vaudeville paramilitare in un atto lungo) scritto nel 1947 (ma rappresentato per la prima volta nel ’50) e Le goûter des généraux (Generali a merenda) scritto nel 1951, la cui prima rappresentazione avvenne, postuma, solo nel 1964[4].

Ma arriviamo all’inizio del 1954. La guerra in Indocina stava volgendo al termine, mentre un’altra – sempre con protagonista la Francia – stava per cominciare: la guerra d’Algeria. Il 15 febbraio di quell’anno, Boris Vian e Harold Berg mettono la firma in calce al manoscritto di una canzone dal titolo Le Déserteur[5]. Il testo è la lettera di un obiettore di coscienza indirizzata direttamente al Presidente francese, che dichiara la propria volontà di disertare. Il testo non lascia spazio a mezze misure, né a fraintendimenti.

Le Déserteur

Monsieur le Président,
Je vous fais une lettre
Que vous lirez, peut-être,
Si vous avez le temps.
Je viens de recevoi
Mes papiers militaires
Pour partir à la guerre
Avant mercredi soir.
Monsieur le Président,
Je ne veux pas la faire!
Je ne suis pas sur terre
Pour tuer des pauvres gens…
C’est pas pour vous fâcher,
Il faut que je vous dise:
Ma décision est prise,
Je m’en vais déserter.

Depuis que je suis né
J’ai vu mourir mon père,
J’ai vu partir mes frères
Et pleurer mes enfants;
Ma mère a tant souffert,
Elle est dedans sa tombe
Et se moque des bombes
Et se moque des vers.
Quand j’étais prisonnier
On m’a volé ma femme,
On m’a volé mon âme
Et tout mon cher passé…
Demain de bon matin
Je fermerai ma porte.
Au nez des années mortes
J’irai sur les chemins.

Je mendierai ma vie
Sur les routes de France,
De Bretagne en Provence
Et je dirai aux gens:
Refusez d’obéir!
Refusez de la faire!
N’allez pas à la guerre,
Refusez de partir.
S’il faut donner son sang,
Allez donner le vôtre!
Vous êtes bon apôtre,
Monsieur le Président…
Si vous me poursuivez,
Prévenez vos gendarmes
Que je n’aurai pas d’armes
Et qu’ils pourront tirer.

Egregio Presidente

Io spero leggerà
egregio Presidente
la lettera presente
se tempo mai ne avrà.
La posta mi darà
prima di domattina
la vostra cartolina
che in guerra m’invierà.
Ma io non sarò mai
Egregio Presidente
il boia o l’assassino
di gente come me.
Mi creda ma non è
per darle del fastidio
in cuore ho già deciso
che io diserterò.

Mio padre non c’è più
i miei fratelli andati
e i figli disperati
a piangere con me.
Mia madre come lui
è dentro la sua tomba
e i vermi od una bomba
che cosa cambierà.
Quand’ero in prigionia
qui tutto mi han rubato
la moglie, il mio passato
la mia migliore età.
Domani mi alzerò
e sbatterò la porta
in faccia alla memoria
e in strada me ne andrò.

Di carità vivrò
sulle strade del mondo
e a tutti fino in fondo
io questo griderò
“Non obbedite più
gettate le armi in terra
e basta con la guerra
restatevene qui!”
Se sangue servirà
Egregio Presidente
c’è il suo, se mi consente
lo dia a chi ne vorrà.
La legge violerò
lo dica ai suoi gendarmi
io armi non ne ho…[6]

Il testo originale, in realtà, concludeva in un modo molto più severo e battagliero: «che sono armato e che so sparare», ma fu Marcel Mouloudji a suggerirne all’autore la modifica. Già una star dei palchi parigini, Mouloudji si propose come interprete della canzone, e ne diede la prima al Théâtre de l’Œuvre di Parigi l’8 maggio 1954, all’indomani della disfatta di
Dien Bien Phu , che portò agli accordi di pace di Ginevra e al ritiro delle truppe francesi dall’Indocina. Lo stesso interprete, ricordando quella sera, raccontò: «L’ultima strofa non sollevò alcuna reazione. Le persone restarono in silenzio, immobili per una dozzina di secondi. Improvvisamente, fu l’esplosione. La sala si trasformò in campo di battaglia»[7]. Mouloudji apportò ulteriori modifiche al testo, conferendo alla canzone un tono meno battagliero. Fu con questa versione delle liriche che la canzone fu incisa per la Philips[8] ed uscì il 14 maggio 1954. L’unica radio che però la mandò in onda fu l’emittente Europe 1, che avviò la trasmissione all’inizio del 1955.

Dopo che Mouloudji la ripropose all’Olympia, senza particolari reazioni ostili da parte del pubblico, fu lo stesso Vian a cantarla, questa volta in versione integrale, durante la sua unica tournée francese del 1955 e stavolta il pubblico reagì violentemente. L’organizzatore raccontò: «In sala c’era quasi sempre qualcuno che protestava quando Vian cantava Le Déserteur. Si aveva l’impressione che quella gente si fosse passata parola. Quando entrava in scena, aveva già una parte del pubblico ostile; e gli serviva molto coraggio per continuare a cantare». Il musicista Alain Gorager, collaboratore di Vian, tuttavia afferma: «Gli piaceva che ci fossero delle reazioni. Mi ricordo, per esempio, di serate difficili in cui Le Déserteur era accolto molto male. Quelle sere era entusiasta, così come quando otteneva il più franco dei successi».[9] La canzone venne censurata alla radio nazionale, e ancora oggi alla Discothèque Centrale de Radio-France la copertina dell’epoca riporta il divieto di trasmetterla.[10] La canzone fu censurata, il disco confiscato e piovvero accuse di apologia della diserzione. Un nuovo scandalo Vian.[11] Al consigliere municipale parigino Paul Faber, che ne aveva chiesto ed ottenuto la censura completa in radio, Vian rispose con una prima dichiarazione (“La mia canzone non è per nulla antimilitarista ma, lo riconosco, violentemente filo-civile”) e, a seguire, con una articolata e ben argomentata, nonché decisa, lettera aperta.[12]

Negli anni a seguire, Le Déserteur cadde nell’oblio. Lo stesso Marcel Mouloudji subì una sorta di esilio decennale dai media francesi, mentre ufficialmente, la censura fu tolta solo nel 1962, quando Vian non poteva più occuparsene.[13] Fu recuperata e presa a modello negli anni ’60 e divenne una delle canzoni più potenti e famose dei movimenti pacifisti di quegli anni.

In Italia il nome di Boris Vian (ed il suo Le Déserteur) rimase sostanzialmente sconosciuto ai più, per essere poi scoperto, almeno parzialmente, dalla generazione del ’68. Poche tuttavia saranno le traduzioni delle sue opere letterarie in italiano, ma le sue canzoni non passarono inosservate, negli anni a venire, a molti cantanti italiani. Tra i vari interpreti di Le Déserteur possiamo ricordare: Ivano Fossati, Luigi Tenco, Ornella Vanoni, Serge Reggiani, Gino Paoli, Giangilberto Monti, con risultati non sempre all’altezza.[14] Degna di nota è sicuramente l’interpretazione di Michele Vietri con il suo Quartetto Vian (ascoltabile nel CD live allegato al libro Musika & dollaroni, Stampa Alternativa 2008), in cui lo sdegno e la rabbia emergono con dignità e credibilità.

La (ri)scoperta in Italia del Vian letterato la si deve principalmente al coraggio e all’impegno di due case editrici – marcos y marcos e Stampa Alternativa – che dagli anni ’90 hanno pubblicato gran parte delle sue opere.

Vi lasciamo con queste parole di Boris Vian, in una lettera indirizzata a sa Magnificence le Baron Jean Mollet  Vice-Curateur du Collège de ‘Pataphysique sur les truqueurs de la guerre:

LA GUERRA È TRUCCATA

È venuto il momento di dirlo chiaramente: la guerra è truccata.
La verità è tremenda: ad ogni guerra, migliaia di combattenti tornano sani e salvi.
Orbene l’individuo che torna dalla guerra, ha obbligatoriamente, più o meno l’idea che essa non era pericolosa. Tale idea concorre al fallimento della successiva, e non fa prendere sul serio le guerre in generale.
Ma questo è ancora il meno. Il combattente che non si è fatto uccidere serba in sé una mentalità di fallito; si farà quindi un dovere di rimediare a tale manchevolezza e contribuirà a preparare la successiva; ora come volete voi che la prepari bene dal momento che si è salvato dalla precedente e che di conseguenza, dal punto di vista della guerra, non è qualificato?
Ad ogni guerra lo stesso sconfortante fenomeno si ripete: si mobilita in massa e dei dilettanti… dilettanti. Certo è inammissibile che un mobilitato ordinario ritorni intatto dal fronte; ma il più tragico è che dei militari di carriera ritornino dalla guerra! Noi non abbiamo delle guerre per le quali paghiamo? Io non sono contento.
Il giorno in cui più nessuno farà ritorno dalla guerra vorrà dire che finalmente l’avranno fatta bene. Quel giorno ci si accorgerà che tutti quei tentativi finora abortiti erano l’opera di cialtroni. Quel giorno, ci si accorgerà che basta una guerra fatta bene per cancellare i preconcetti che tuttora esistono circa questo modo di distruzione. Quel giorno, sarà per sempre, inutile ricominciare.[15]


[1] Da Lettera aperta al signor Paul Faber (consultabile suhttps://www.ossin.org/i-giorni-cantati/1653-boris-vian-il-disertore)

[2] F. Lippi. Vian il disertore. Stampa Alternativa, 1993.

[3] Boris Vian, Le formiche, marcos y marcos, 2000.

[4] Entrambe le pièce sono state pubblicate in italiano in Boris Vian, Teatro, Einaudi, 1978. Traduzione di Massimo Castri.

[5] Dello statunitense Harold Berg si sa veramente poco. Diplomato al conservatorio di Parigi, suonò nel dopoguerra come pianista accompagnatore per una compagnia di danza parigina. Secondo i biografi di Vian, si limitò a scrivere l’arrangiamento di Le Déserteur, anche se figura come coautore. Nello stesso periodo, comunque, cofirmò insieme a Vian altri due brani. Morì nel 2007.

[6] Traduzione di Giangilberto Monti in Boris Vian, Le canzoni, marcos y marcos, 1995. Una esauriente lista di traduzioni può essere consultata su http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=1&lang=it#agg813

[7] Giangilberto Monti, Boris Vian. Il principe delle notti di Saint-Germain-des-Prés, Miraggi Edizioni, 2018.

[8] 78 giri, 25 cm, n. catalogo N 72222 H.

[9] F. Lippi. Vian il disertore. Stampa Alternativa, 1993.

[10] Boris Vian, Le canzoni, marcos y marcos, 1995.

[11] (a cura di) G. Salvatore. Boris Vian. Jazz! Rassegna stramba. Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2003.

[12] La lettera è riportata in F. Lippi. Vian il disertore. Stampa Alternativa, 1993. Un significativo estratto però può essere consultato qui:
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=1&lang=it#agg1615

[13] Vian, affetto da una patologia cardiaca sin dalla nascita, morì nel 1959, durante la proiezione di un film ispirato al suo romanzo J’irai cracher sur vos tombes, a cui non volle dare l’autorizzazione alla pubblicazione del suo nome.

[14] Per quanto riguarda le interpretazioni in italiano de Il disertore, rimando all’articolo di Marco Liberti http://www.marcoliberti.it/article-il-disertore-fossati-canta-il-grido-pacifista-di-boris-vian-104563978.html

[15]https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=56240