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In collaborazione con Artevitae, Diatomea è lieta di ospitare oggi Edmondo Di Loreto con il suo articolo  Storie di Fotografie: Gabriele Basilico .

Buona lettura!

ArteVitae è una rivista online che, come Diatomea, ha lo scopo di divulgare e promuovere l’arte in ogni sua forma e contenuto. L’idea della collaborazione nasce dalla volontà di offrire ai nostri lettori un’assortita selezione di argomenti e contenuti, attraverso la pubblicazione di articoli scelti dalla nostra redazione tra quelli già pubblicati o in via di pubblicazione su ArteVitae, con lo scopo di ampliare e variegare la già ricca proposta editoriale del Blog #diatomea, contaminandola attraverso una forte sinergia tra le due redazioni.

Storie di fotografie oggi rende omaggio alla memoria di Gabriele Basilico, scomparso proprio nel mese di febbraio del 2013. Ce lo racconta attraverso la sua fotografia che ritrae l’architettura delle aree urbane e le trasformazioni del paesaggio contemporaneo, oggetto della sua ricerca fotografica, fino a quel momento mai esistita”.


Gabriele Basilico

Nel febbraio 2013 muore, a soli 69 anni, Gabriele Basilico, probabilmente uno dei fotografi di paesaggi urbani più conosciuti al mondo. Nato a Milano nel 1944, si laurea in architettura nel capoluogo lombardo nel ‘73, ma si dedica quasi subito alla fotografia.

Immagini tratte dal web  ©Gabriele Basilico

Dopo un inizio rivolto all’indagine sociale, a cavallo fra gli anni ‘70 ed ‘80 l’influenza dei suoi studi in architettura si fa progressivamente spazio nella sua fotografia. Nel 1982 presenta il suo primo successo internazionale: Milano. Ritratti di fabbriche. Nel 1984 viene “arruolato” dal governo francese per la Mission Photographique de la DATAR, un progetto di documentazione della trasformazione del paesaggio. Basilico è l’unico italiano del gruppo di fotografi selezionati e gli viene assegnata la tematica “Bord de Mer”.

Immagini tratte dal web ©Gabriele Basilico

Nel 1991 prende parte ad un importante progetto sulla città di Beirut, uscita devastata da 15 anni di guerra civile.  Fra le rovine si muovono sei fotografi, incaricati di imprimere nella memoria lo sconquasso creato dal conflitto libanese. Oltre a Basilico ci sono René Burri, Robert Frank, Joseph Koudelka, Raymond Depardon e Fouad Elkoury.

Immagini tratte dal web ©Gabriele Basilico

Le fotografie scattate a Beirut segnano la sua definitiva consacrazione internazionale. Da quel momento fino alla fine della sua carriera, interrottasi prematuramente nel 2013, il fotografo milanese realizza reportage su Berlino, Rio de Janeiro, Shangai, Istanbul, la Silicon Valley, Roma, le valli del Trentino, Mosca.

Ha pubblicato oltre sessanta libri fotografici personali, ricevuto numerosi premi internazionali e le sue fotografie sono state esposte in tutto il mondo.

“Mi ero dato una specie di missione, testimoniare come lo spazio urbano si modifica.
Oggi lo fanno in tanti,
negli ultimi dieci anni è stato considerato il lavoro più artistico che ci sia,
e non c’è città al mondo che non venga fotografata
”.

  Gabriele Basilico 

La città di Basilico non è mai fatta di “immagini rubate”, come è nello stile dei reporter. Non è quella affollata di William Klein, che egli pure ha ammirato all’inizio della sua carriera. Non è quella raccontata dal fotografo italiano che ha considerato il suo primo maestro: Gianni Berengo Gardin. Basilico ha adottato invece quel modo analitico che segna la grande fotografia documentaria del Novecento, e che troviamo in Eugène Atget, Charles Marville, August Sander.

Un modo che è alla base dello sguardo aperto e democratico di Walker Evans, suo maestro, e caratterizza la metodicità concettuale di Bernd e Hilla Becher. Un modo sul quale hanno avuto influenza la fissità delle città disabitate di Giorgio De Chirico e l’attenzione alle volumetrie urbane delle periferie dipinte da Mario Sironi, oppure il disegno dello spazio prospettico di Canaletto o Bellotto, tutti pittori che amava.

Nei suoi scatti è quasi del tutto assente la figura umana: “La fotografia d’architettura, nella grande tradizione, è sempre senza persone, non ci sono presenze umane perché distraggono dalla forma degli edifici e dello spazio”, racconta Basilico. “Tendo ad aspettare che non ci sia nessuno, perché la presenza di una sola persona enfatizza il vuoto e fa diventare un luogo ancora più vuoto. Mentre se lo fai vuoto e basta, allora diventa spazio metafisico, alla Sironi o alla Hopper”.

Immagini tratte dal web ©Gabriele Basilico

Le mostre e i libri di Gabriele Basilico costituiscono sempre un importante momento di riflessione sulla fotografia di paesaggio. La sua ricerca che spazia ben al di là dei confini della mera fotografia documentaria, è infatti un punto di riferimento obbligato per quanti oggi si occupano di fotografia e di urbanistica.

Basilico ha costruito così un metodo compatto e coerente, irrobustito da quel tornare e ritornare sui luoghi, quel continuo guardare e riguardare il paesaggio antropizzato che ha orientato quella vasta area della fotografia contemporanea che ha come vocazione l’osservazione del mondo in trasformazione.


ArteVitae – Quotidiano di Fotografia, Architettura, Design, Arte e Cultura

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Le immagini incluse in questo articolo sono state reperite in rete a puro titolo esplicativo e possono essere soggette a copyright. L’intento di questo blog è solo didattico e informativo.