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Fino al 03/03/2019 sarà visibile al Museo di Roma in Trastevere la mostra fotografica dedicata a Lisetta Carmi, prima sua esposizione pubblica nella capitale, all’incirca 170 immagini della fotografa genovese (ultranovantenne).

La rassegna antologica è ripartita in tre distinti nuclei di lavoro: Metropolitain, del 1965, dedicata alla metropolitana parigina; I Travestiti, del 1972;  Acque di Sicilia (1977). Il tutto nell’arco temporale di vent’anni, dagli anni Sessanta ai Settanta.

Appena si entra nel museo balzano agli occhi le immagini della prima sezione, dedicata alla città di Genova.

Le immagini dedicate al porto,  commissionatele dalla “Società di Cultura” nel 1964, costituiscono uno dei reportages più significativi del dopoguerra. Appare immediatamente evidente che le tematiche del lavoro, delle lotte sociali, la sofferenza del vivere quotidiano delle classi sociali più deboli sono gli aspetti prediletti di Lisetta Carmi. Questa narrazione del porto di Genova e dei camalli costituisce senza dubbio un’adesione al clima di protesta di quegli anni della classe operaia; Lisetta familiarizza con alcuni operai per essere introdotta fin dalle prime ore del mattino nei luoghi di lavoro; il resoconto fotografico non tralascia nessun dettaglio: i pesanti macchinari utilizzati nelle varie operazioni, le polveri nocive che scaturiscono nello scarico delle merci o nelle riparazioni delle navi, i corpi virili esposti senza protezione anche nelle fasi più critiche del lavoro , salvo le improvvisate coperture con i sacchi di juta a proteggere il capo e il corpo. I portuali lavorano senza caschi o tute idonei, esponendosi senza le corrette condizioni di sicurezza. I gesti di fatica si alternano alle belle e suggestive immagini delle imbarcazioni dalla foggia orientaleggiante, l’uso ormai allenato della tecnica di ripresa rende tutto il lavoro coerente, non privo di ricerca estetica. Questa mostra girerà in Italia ed approderà  persino in Unione Sovietica.

© Lisetta Carmi

L’attenzione al mondo dei lavoratori resta una costante nell’opera di Carmi. Il fratello Eugenio, consulente artistico all’Italsider, la introduce alla realtà delle fabbriche. Lisetta organizza presso il circolo aziendale “Cornigliano” una serie di ascolti di musica classica e sorteggia poi i dischi tra gli operai. Carmi realizzerà una serie di scatti fotografici nei cantieri e all’interno delle acciaierie, nei luoghi dove Luigi Nono e Giuliano Scabia registrano “La fabbrica illuminata”, dedicata agli operai dell’Italsider.

© Lisetta Carmi

Molto rivoluzionari  appaiono anche gli scatti del Cimitero monumentale di Genova. Carmi tralascia la dimensione romantica dei monumenti funebri commissionati dalla borghesia per evidenziare una lettura di indagine socio-antropologica evidente sin dal titolo: “Erotismo e autoritarismo a Staglieno”.

© Lisetta Carmi

Dopo una carrellata delle immagini dei suoi viaggi, Israele, India, Pakistan Nepal, Messico, Colombia, Venezuela, si arriva alla sezione intitolata Acque di Sicilia, un volume pubblicato nel 1977 con testi di Leonardo Sciascia. Il progetto, commissionato dalla Dalmine, prevedeva una ricerca sui percorsi d’acqua sull’isola. Pur riallacciandosi alla fotografia etnografica questi scatti evidenziano una visione più intensa e personale , lo sguardo di Lisetta Carmi ritrae donne, uomini colti nella quotidianità ed immersi in un’atmosfera sospesa, i volti segnati dalla fatica e dal tempo si fanno anch’essi paesaggio, diventano protagonisti primari del racconto. Gli uomini ritratti con i tipici copricapo, le donne coperte da veli neri, immagini in cui risalta la netta separazione dei gruppi: divisi per sesso nei luoghi deputati che la cultura contadina del mezzogiorno, e non solo, impone.  Gli uomini da una parte seduti sulle sedie e sulle panchine nei marciapiedi o sul ciglio delle osterie , dentro le botteghe a giocare a carte, o in piazza, quasi ipnotizzati dalla luce feroce del giorno. Le donne, quasi nascoste, timidamente mostrano i loro volti dietro le tende dei balconi o dietro le persiane delle finestre delle abitazioni; se riprese in strada non sostano mai in ozio, sono spesso accompagnate dai bambini, trasportano cibo, governano animali.

© Lisetta Carmi

Proseguendo con la mostra si arriva alla sezione Ritratti.  Sempre attenta alle nuove istanze della cultura e della società, Carmi frequenta il vivace e impegnato ambiente artistico che ruota intorno alla Galleria del Deposito a Boccadasse, dove fotografa, tra gli altri, Lucio Fontana, Emanuele Luzzati, Konrad. A Ivrea nel 1967 fotografa Edoardo Sanguineti, Alberto Arbasino. Nel 1969 è invitata da Elvio Fachinelli al contro congresso di psicanalisi a Roma dove ritrae Jacques Lacan. Risalgono al 1999 i ritratti all’agronomo giapponese Masanobu Fukuola, da lei chiamato all’ashram di Cisternino per divulgare l’agricoltura naturale.

Famosissimi i suoi scatti ad Ezra Pound , scattati in pochi attimi a Sant’Ambrogio di Zoagli nel 1966. Lisetta Carmi vince il prestigioso “Premio Niépce per l’Italia”. Umberto Eco membro della giuria, commenta: “Le immagini di Pound scattate da Lisetta dicono più di quanto si sia mai scritto su di lui, la sua complessità e natura straordinaria”.

© Lisetta Carmi

Racconta lei stessa: “Era l’11 febbraio del 1966 quando, su invito del direttore dell’Ansa di Genova, andai a fotografare Ezra Pound. Avevo con me un negativo 400 ASA e una Leica 35 mm. Arrivammo senza sapere che Pound era solo in casa, ammalato. Al nostro bussare, dopo un lungo silenzio, fu lui stesso ad aprire la porta, poi uscì per pochi minuti e, senza dire una parola, rientrò. Nel breve lasso di tempo in cui lo ebbi dinnanzi scattai venti fotografie . A Genova, in camera oscura, sviluppai il negativo, stampai, e la straordinarietà di quel fugace incontro mi apparve lì, sulla carta fotografica. Nelle fotografie c’era tutto quello che avevo visto in Ezra Pound. Su venti scatti scelsi dodici fotogrammi, i più significativi per comunicare l’impressione immensa che avevo avuto del poeta. Quell’impatto con Ezra Pound è presente ancora oggi come non fosse trascorso neanche un giorno. Dalle dodici fotografie vedo ancora emergere intatti la solitudine, la disperazione, l’aggressività, lo sguardo perso nell’infinito, tutto ciò di cui è difficile dire a parole, la drammatica grandezza del poeta”.

L’ultima parte esposta al piano terra, Metropolitain è un libro di artista, realizzato da Lisetta Carmi in un’unica copia nel 1965. Una custodia in cartone ricoperta da immagini a grandezza naturale delle piastrelle della metropolitana di Parigi contiene il menabò del volume, dove fotografie originali si alternano a pagine ritagliate dal volumetto Instantanés di Alain Robbe-Grillet. Con Metropolitain Carmi si classifica seconda al premio Centro, premio per la cultura nella fotografia.

La scelta del soggetto ignora la città nei suoi aspetti più consueti per concentrarsi sulle riprese all’interno della metropolitana; ne scaturisce un progetto coerente ed innovativo che, ancora una volta, l’avvicina alle avanguardie culturali coeve. Le immagini riprendono in vari momenti della giornata e in varie stazioni parigine il flusso indistinto dell’umanità anonima che attraversa i sotterranei della città: donne, uomini, accumunati dall’utilizzo del mezzo pubblico vengono ripresi nella quasi meccanica sosta dinnanzi al portillon automatique, nell’attesa dei vagoni, all’interno di essi, nello scendere le scale e risalirle, persi nei loro pensieri e nelle loro esistenze, gli sguardi che vagano ma non si incontrano. Lisetta li immortala nei gesti asettici e ripetitivi della loro quotidianità restituendoci indimenticabili immagini pervase da un’atmosfera di alienazione.

Ci sono poi gli scatti del 1962 in cui collabora come fotografa di scena con il teatro Duse di Genova. Fotografa molti spettacoli di Quartucci, le rappresentazioni di avanguardia del CUT, Centro Universitario Teatrale. In questi anni di intensa sperimentazione teatrale e musicale Lisetta Carmi realizza una serie di ritratti dedicati a personalità della musica e dello spettacolo come Carmelo Bene, Cathy Barberian, Luigi Nono, al Living Theatre, a Charles Aznavour, Gino Paoli, Ivan Della Mea, Giovanna Marini.

© Lisetta Carmi

Al piano superiore, in una stanza con un grande piano collocato al centro, troviamo il Quaderno musicale di Annalibera, in cui interpreta con il mezzo fotografico l’opera di Luigi Dallapiccola, formando un fascicolo che lei stessa stampa e rilega a mano in poche versioni, ognuna diversa dall’altra, con alcune varianti nell’impostazione grafica e nella dimensione. I fogli datati “Genova, 20 luglio 1962” sono accompagnati da testi in cui racconta l’incontro a Firenze con il musicista. Commenta: “ Il Quaderno musicale di Annalibera per pianoforte di Luigi Dallapiccola è composto di undici brevissimi pezzi collegato da una ideale linea costruttiva costituita dalla serie o “inventio” che tutti li genera. In questa composizione io ho sentito l’essenza tragica della nostra esistenza espressa attraverso una costruzione musicale: questo ho cercato di esprimere graficamente attraverso il mezzo fotografico. (…) La poesia, la chiarezza, l’unità della musica io ho cercato di mantenere nella interpretazione grafica che ho fatto del Quadernodi Dallapiccola. Alla purezza dell’espressione musicale ho dato un segno essenziale e penetrante: la “linea” intesa come verità. Verità assoluta  nel primo pezzo “simbolo”, poesia sospesa nell’ultimo “quartina”.

Il cuore della mostra è a mio avviso  la sezione dedicata a “I travestiti”, lungo racconto per immagini che Lisetta Carmi intraprende, nella notte di San Silvestro nel 1965, sulla comunità di “travestiti” del centro storico di Genova. Dopo quella sera, in cui scatterà diverse fotografie, per i sei anni successivi condividerà tutti i momenti della loro quotidianità, convinta che “non esistono gli uomini e le donne, esistono gli esseri umani”. Il libro “I travestiti”, a cura di Sergio Donnabella con testi di Lisetta Carmi ed. Elvio Fachinelli, sarà pubblicato solo nel 1972.

© Lisetta Carmi

Come lei stessa ha più volte ribadito, la frequentazione dei transgender genovesi è principalmente un vissuto umano che l’aiuterà nel suo percorso esistenziale più intimo, forse è proprio per questo che questo progetto fotografico risulta la ricerca più completa  e complessa dell’artista, dove più componenti entrano in gioco, non una mera campagna documentaristica ma una consapevole collaborazione che evidenzia lo stretto legame tra soggetto fotografato e chi fotografa una relazione, in cui l’uno si riflette nell’altro attraverso il medium fotografico. Le numerose immagini ritraggono i travestiti in varie situazioni della loro vita quotidiana, dalle più intime e trasgressive, dove il corpo viene esibito seminudo in tutta la sua diversità provocatoria sul divano del salotto buono, a quelle più familiari o rassicuranti con i volti appena truccati e i vestiti della quotidianità: la Novia, la Morena e le altre sono riprese nelle anguste strade della Genova malfamata, in posa, sorridenti con i bambini del vicolo. Ne scaturisce una spontaneità e una familiarità da queste immagini dove non trapela una distanza da indagine antropologica, nessuna diversità è sotto osservazione, soltanto “esseri umani che vivono e soffrono tutte le contraddizioni della nostra società  come minoranza ricercata da una parte e respinta dall’altra”. La Carmi ne coglie la grande potenzialità umana e rivoluzionaria, si innamora del loro quotidiano vivere la diversità e ne fa, attraverso le indimenticabili immagini, un vero e proprio manifesto di libertà  e di battaglia dei diritti umani e civili. Sono gli anni Sessanta dello scorso secolo e approfondire una simile tematica in quegli anni e farne un esaustivo reportage attraverso le immagini, e poi una coraggiosa pubblicazione, è un atto di potente denuncia sociale che anticipa campagne e lotte che si affronteranno soltanto molti anni più tardi.

Ma del resto la giovinezza non è un fatto anagrafico, si sa.


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