Il ruolo sociale della fotografia.

Ho conosciuto Michele tantissimi anni fa, forse una decina. All’epoca collaborava con la nostra associazione in veste di grafico e curatore della comunicazione di un nostro progetto “Tre piani di diritti”, una campagna di comunicazione e raccolta fondi per cercare di raccogliere oltre 100.000 euro e costruire una scuola, un centro professionale, uno sportello antiviolenza e un ambulatorio a Pikine, alla periferia di Dakar. Era una follia. Oggi la palazzina di tre piani è in piedi. E attiva.

Michele Cirillo Ph. Giuseppe Cremona / EffeCollettive

Michele è più piccolo di me di dieci anni, ma riconobbi in lui subito alcune passioni in comune, in primis quelle del viaggio, poi della fotografia, anche se io la amo e la seguo come spettatrice. Secondo la legge dei sei gradi di separazione, anni dopo ci siamo rincontrati, grazie a un volontario di Diritti al cuore, anche lui amante della fotografia e fotografo per diletto. Ho ritrovato un giovane fotografo professionista con tanti premi ed esposizioni alle spalle. Ha messo di nuovo le sue competenze a nostra disposizione, organizzando un corso di fotografia sociale presso la nostra sede di Via Borromeo. Un successo, oltre 20 iscritti, una bellissima esperienza a cui ho avuto anche io l’onore e la fortuna di partecipare come allieva. E quest’anno è appena partita la seconda edizione presso la nostra sede di Via dei Latini a San Lorenzo (c’è stata la prima lezione il 31 gennaio, siete ancora in tempo a iscrivervi, scrivete a info@dirittialcuore.it), un modo bello per finanziare i nostri progetti, grazie a Michele che ha deciso di devolvere all’associazione Diritti al cuore la metà della quota di iscrizione, già accessibile a tutti.  Ho voluto intervistarlo per presentarlo a chi ancora non ha avuto la fortuna di conoscerlo, perché in un momento storico in cui sembra che gli esseri umani siano sempre più incattiviti, disumani, soli, disincantati, apatici, persone impegnate come Michele che con passione raccontano storie di una umanità sconvolgente e che usano la fotografia anche per mettere in moto azioni di cambiamento, sono una boccata di ossigeno.

Michele Cirillo Ph. Giuseppe Cremona / EffeCollettive

Raccontaci chi sei e come è nata la
tua passione per la fotografia.

Mi chiamo Michele Cirillo e sono un fotografo di reportage. Tutto è nato più o meno 15 anni fa con una Pentax a pellicola ed è proseguita con la passione per i viaggi per la scoperta di nuovi orizzonti.

Hai fatto molti reportage in zone rischiose. Quale ti ha cambiato di più? E dei reportages di viaggio?

Ho svolto alcuni progetti in zone a rischio, mi interesso di storie che sono il prodotto di quel conflitto o di quella minoranza e credo che questa possa essere la strada più vicina all’idea di racconto che voglio. L’esperienza in Ucraina è stata sicuramente una delle più toccanti. Mentre i reportages di viaggio sono stati tutti stupendi, tutti… solo un mese in Messico è valso una vita.

Troviamo i tuoi scatti in riviste come Internazionale e Left, hai vinto alcuni premi e fatto delle mostre. Il premio o la mostra che ti ha reso più orgoglioso del tuo lavoro?

Sicuramente quando ho esposto “The kurdish bride” all’Hermitage a San Pietroburgo, ricordo che con la collega Emanuela Laurenti vincemmo anche il primo premio nei progetti fotografici. È stato stupendo.

Quale è la foto che ritieni migliore o a cui sei più legato? Perché? In che contesto è stata scattata?

Ci sono diverse immagini a cui sono molto legato… ma non sono le “migliori” che ho fatto. Servono di più a me, come documentazione e ricordo.

Hai allestito, documentato e inaugurato il Museo della fiducia e del dialogo per il Mediterraneo a Lampedusa, in memoria dei tanti esseri umani che hanno perso la vita nel provare ad attraversare il Mare nostrum: come sei arrivato li, cosa hai fatto e come continua il progetto.

La mia collaborazione con il Comitato 3 ottobre è iniziata il 3 ottobre 2017 quando mi hanno voluto come fotografo per documentare il ricordo della strage del 2013, da allora come posso cerco di dare una mano e sostenere questo progetto di Tareke Brhane, il presidente dell’associazione. Non finirò mai di ringraziare il Comitato per l’incredibile esperienza che ho vissuto a Lampedusa, l’anno scorso ho partecipato all’allestimento del Museo della fiducia e del dialogo e durante l’anno in corso ci saranno ancora novità…

E noi di Diritti al cuore non
finiremo mai di ringraziarti che ci hai presentato a Tareke e abbiamo potuto
partecipare alla Giornata della memoria… A proposito di impegno nel sociale, il
tuo quando è iniziato?

Non so se chiamarlo esattamente impegno nel sociale, credo però sia profondamente giusto raccontare e far scoprire delle storie che possono avere dei valori universali, come l’accoglienza, il dialogo, la sofferenza e la speranza. Credo di averla pensata sempre così.

Il significato sociale della
fotografia?

Debray diceva che l’immagine non è innocente, e con l’enorme flusso di immagini che produciamo ogni giorno credo sia essenziale pensare di produrre qualcosa che sia rilevante. La fotografia ha avuto da sempre un ruolo sociale con la sua capacità di trasportare emozioni e ricordi, ma anche attimi che ora vivono per sempre. In mezzo a tutto questo credo sia importante trovare nuove strade per non perdersi in un’estetica che va sempre di più uniformandosi.

Oggi siamo bombardati dalle immagini, eppure ci sono delle foto che hanno scosso nel profondo le coscienze come quella del piccolo Aylan morto sulla spiaggia di Bodrum. Pensi che ci stiamo assuefacendo al dolore e alle disgrazie oppure come dici tu alcune foto devono essere scattate e mostrate per risvegliare da questo torpore?

Credo che sia il momento giusto per distaccarsi con forza da un’estetica del dolore che ha uniformato il racconto fotografico negli ultimi anni; esistono nuove strade, nuovi linguaggi. E non bisognerebbe dimenticarsi mai che ogni fotografo è un autore, con un proprio stile e delle caratteristiche proprie.

Parlaci del tuo ruolo di insegnante e dei corsi che stai tenendo ora.

Mi piace molto confrontarmi con le classi, i loro sguardi di fronte ad alcune immagini di grandi autori mi fanno capire la potenza di questo strumento. Ora è partito il corso di fotografia sociale a San Lorenzo, nella sede dell’associazione Diritti al cuore e poi i tanti corsi che offriamo con la scuola di fotografia Bianco – Laboratorio permanente d’immagine al Pigneto.

Prossimi progetti?

C’è un bel progetto sulle donne Rom in arrivo.

Bene, lo aspettiamo con trepidazione.
Grazie Michele.


Bio del fotografo: 
Classe 1988, Michele Cirillo è un fotoreporter indipendente e docente di fotografia di Roma. Negli ultimi 6 anni suo interesse per il racconto fotografico si è focalizzato sui temi dei diritti umani, dell’identità e dei cambiamenti geopolitici degli ultimi anni prediligendo i soggetti che vivono in zone di conflitto e che fanno parte di minoranze etniche o culturali. Ha viaggiato in paesi come Messico, Tanzania, Kurdistan, Libano, Bosnia, Ucraina e Palestina, è stato fotografo per diversi progetti europei, ha lavorato per Croce Rossa Italiana, Comitato 3 Ottobre e collabora con diverse redazioni italiane e internazionali.
Il suo sito: http://www.michelecirillo.com


Tutte le immagini contenute in questo articolo sono coperte dal diritto d’autore © Michele Cirillo