image_pdfimage_print

I libri, almeno la quasi totalità di quelli che leggiamo nella nostra vita, sono scelti da noi.

Li scopriamo per curiosità, per caso, per il passaparola, perché ne faranno un film. Poi, raramente, succede invece che siano i libri  a scegliere noi.

Qualche mese fa, e con colpevole ritardo, ho deciso di approfondire la conoscenza del gruppo musicale dei Joy Division , colpito dalla storia del loro cantante e, soprattutto, incuriosito nel vedere in giro un numero sempre più consistente di adolescenti  indossare t-shirt  con il nome di questo gruppo. Mi sono chiesto  soprattutto perché sempre più “teen” si identifichino con una band nata nel 1977. Nonostante la brevissima carriera, con soli due album all’attivo, ho capito che oltre all’oggettiva bellezza della loro musica, ciò che colpisce le giovani menti moderne è la storia del loro leader: Ian Curtis.

Di Daniel Case – Opera propria, CC BY-SA 3.0 https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39107961

Musicista precoce e di indiscusso talento, muore per volontà personale nel 1980, arrendendosi all’epilessia e alla fine del suo matrimonio. Appartengo ad una generazione che ha dovuto fare spesso i conti con le scelte estreme dei propri idoli: Kurt Cobain, Chris Cornell, Chester Bennington, Prince, Dolores O’Riordan sono solo l’avanguardia di una schiera di morti cercate che affollano il Pantheon di chi ha avuto vent’anni negli anni Novanta.

Ed è proprio cercando Ian Curtis su un noto motore di ricerca che, scorrendo fra le varie proposte, mi sono imbattuto su un titolo molto particolare, Cenerentola ascolta i  Joy Division , e in un forum letterario dove gli utenti si lanciavano in sperticate lodi per quello che scopro essere il titolo di un libro.

Così “Cenerentola ascolta i Joy Division” di Romeo Vernazza è entrato nel mio immaginario, per una mera casualità, per un algoritmo informatico, e, devo aggiungere, con mia grande fortuna.

Immagine tratta da  https://www.pinterest.it/pin/507851295457316284/

Romeo Vernazza scrive un romanzo fuori dagli schemi, dal titolo geniale che, da solo, meriterebbe una menzione speciale grazie alla fantasia che scatena, un libro non catalogabile in nessun genere:non è un libro “Teen”, come lo può essere il super acclamato “13” (13 reasons to why di Jay Asher), non è un romanzo di formazione, come lo possono essere “Il giovane Holden” o “Norwegian Wood”, è invece un’esplorazione delicata e sensibile dentro il dolore e di come questo sentimento cambi, spesso in meglio, le persone.

Racconta il suo dolore Lily, giovane vedova che insegue la sua rinascita dopo un olocausto familiare, portando con sé l’urna contenente le ceneri del proprio marito e, pur rimanendo ancorata al passato, affronta una fuga che la porterà dalla provincia italiana direttamente in Lapponia, esule volontaria tra la neve e il silenzio.

Mentre ci appassioniamo a questo tentativo di riscatto e di rinascita, l’autore ci porta anche dentro il diario anticonformista di una giovane studentessa, che, grazie ad un’intensa amicizia con una sua professoressa, Frida, entrerà, faticosamente e drammaticamente, nel mondo degli adulti.

Sarà proprio il dolore supremo l’ingrediente principale del confronto fra due generazioni. È indiscutibile che l’intera trama sia scossa da concetti fondamentali come la morte, l’abbandono e il riscatto da tutto ciò.

La scelta stessa dei nomi protagonisti e la musica che fa da sottofondo al romanzo, rafforzano questa sensazione: Ian Curtis, genio triste e fragile, che lascia nella sua canzone-testamento il messaggio che “L’amore ci farà piangere soli”; Frida, professoressa malata di cancro, che dedica i suoi giorni ad essere un faro per la giovane vita di Elly, non può non richiamare alla mente Frida Kahlo, un’altra vita segnata dal talento, dal dolore e da una morte precoce.

In tutto il libro, tuttavia,  troviamo come fili conduttori la speranza di farcela ed il riscatto: i dischi dei Joy Division suonano ancora, la vita e le opere di Frida Kahlo sono sopravvissute a lei e sono oggetto di studio ed ammirazione.

Alla fine il libro ci porta ad interrogarci sull’eterna domanda “È vero – come afferma Thomas Mann – che l’unica cosa più forte della morte è l’amore?”

Come tutte le opere umane non dà una risposta certa, ma sicuramente aiuta il lettore ad avere più strumenti per trovare la propria verità.

Buona lettura e buon ascolto!


Tutte le immagini contenute in questo articolo sono state prese dai link segnalati o per gentile concessione dell’autore, tutte le altre sono coperte dal diritto d’autore ©MjZ