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Ho sempre avuto l’abitudine di scegliere il libro “estivo” in base alla destinazione scelta per le vacanze, fu così nel 1999, quando, sapendo che sarei andato in Portogallo, mi portai “Sostiene Pereira” in valigia o quando “La Cattedrale del Mare” accompagnò i miei giorni a Barcellona.

Quest’anno, sapendo che una delle mie tappe in Sicilia sarebbe stata Siracusa, mi sono messo alla ricerca di qualcosa che rinverdisse questa “tradizione” e, esplorando fra i miei ricordi scolastici, il primo nome che mi è venuto in mente è stato quello di Dionisio.  A questo punto mi serviva una storia, un romanzo, volevo uno di quei libri che ti avvolgono tra le pagine.

Chi meglio allora di Valerio Massimo Manfredi e del suo “Il Tiranno”?

Siamo a Siracusa intorno al 400 a.C. e la stessa esistenza della Città è messa in pericolo dalla superpotenza mercantile e signora dei Mari: Cartagine. Un coraggioso soldato dell’esercito siracusano è costretto ad assistere impotente ed inerme alla distruzione di Selinunte e al massacro dei suoi abitanti. Il nome del soldato è Dionisio, colui che passerà alla Storia come “Il tiranno”.

Copertina del libro https://www.mondadoristore.it/Il-tiranno-Valerio-Massimo-Manfredi/eai978880454625/

Oltre alla sete di vendetta, la caduta di Selinunte, prima, e delle altre città greche di Sicilia, poi, provocano nel nostro protagonista un’avversione totale per la democrazia, accusata, con le sue procedure estenuanti e con la sua incapacità di selezionare uomini validi, di essere corresponsabile della distruzione delle colonie greche nate nella terra della Trinacria.

Dopo Selinunte, infatti, furono spazzate via dalla furia Cartaginese anche Imera, Gela e quella che veniva considerata la città più bella di sempre: Agrigento.

Lo spettro della fine della Sicilia greca, di cui Siracusa rimaneva l’ultimo baluardo, porterà Dionisio a scelte estreme, alternando gesta eroiche a tradimenti meschini, inabissandosi presto, in una delle tirannidi più feroci della Storia Antica.

Immagine tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Dionisio_I_di_Siracusa#/media/File:Dionisius_Tyran_of_Syracuse.PNG

Questa, tuttavia, vuole essere una recensione di un libro e non un trattato storico, pertanto fatta la dovuta premessa immergiamoci nelle righe di questo romanzo.

Dell’autore in questione ho praticamente letto tutto e mai, arrivato all’ultima pagina di una sua opera, sono rimasto deluso. “Il Tiranno” non fa eccezione e le caratteristiche che te lo fanno amare sono le stesse che possiamo trovare in “Aléxandros” o ne “L’ultima legione”.

Già dal prologo veniamo proiettati nella Sicilia del 412 a.C., viviamo come i protagonisti, proviamo i lori sentimenti, da quelli più alti a quelli più infimi, passeggiamo per i vicoli stretti di Ortigia, combattiamo contro orde di cartaginesi, solchiamo i mari agli ordini di Leptines, fratello di Dionisio e capo supremo della flotta.

Leggendo questo libro avrete davanti agli occhi i templi d’oro di Agrigento, ascolterete le grida disperate delle donne e degli uomini di Selinunte, mangerete sulla mensa del tiranno, ascolterete le parole di Platone, parteciperete a complotti, temendo per la vostra stessa vita.

La grandezza di Valerio Massimo Manfredi sta proprio nella sua capacità di scrivere su fatti vecchi di millenni come se li stessimo leggendo su un quotidiano fresco di stampa. Le sue parole e il suo stile aprono uno “stargate” spazio-temporale tra le pieghe della storia, tanto da rendere a colori l’amore e l’odio che proverete per Dionisio, tanto da vedere, come se la scena si svolgesse fuori della vostra finestra, migliaia e migliaia di pire accese dall’esercito siracusano per onorare i propri morti fino a scorgere la più bella di tutte, quella accesa in onore di Arete, bellissima e sfortunatissima moglie di Dionisio, il cui fantasma accompagnerà le notti del Tiranno anche quando diventerà il sovrano assoluto della Sicilia.


FORSE NON TUTTI SANNO CHE…

– L’Ortigia è il quartiere più vecchio di Siracusa e sorge sull’antica fonte Aretusa.

– Una delle principali attrazioni di Siracusa è l’orecchio di Dionisio, cava artificiale che grazie alla sua forma ad “S” permette una forte amplificazione dei suoni (16 volte più del normale). Leggenda vuole che fosse utilizzata da Dionisio per ascoltare le conversazioni dei prigionieri. Il nome “orecchio di Dionisio” fu dato alla cava da Caravaggio.

– Dionisio aveva una tale avversione per i filosofi che uno dei gesti più clamorosi per il quale è diventato famoso fu quello di vendere Platone come schiavo, dopo un soggiorno di un anno del filosofo a Siracusa.

– Dionisio, viene citato da Dante nel canto XII dell’Inferno:

Quivi si piangon li spietati danni;
quivi è Alessandro, e Dionisio fero,
che fe’ Cicilia aver dolorosi anni”


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