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Quando nacquero, i gemelli del geometra Lanza, lasciarono tutti senza parole.

Uno era magro come la speranza, l’altro invece era rubicondo, con un sorriso serafico: il primo fu chiamato Ugo e il secondo Giocondo, il nome era stato ispirato dall’ostetrica che facendolo venire al mondo per secondo, gli lesse in viso quel ghigno che sembrava prendere tutti per il culo.

Crebbero insieme, i gemelli Lanza, frequentarono le stesse scuole e i loro insegnanti stentavano a credere che fossero gemelli, magro e scuro con i capelli neri di ferro filato Ugo, biondo e rubicondo, con un importante giro vita invece Giocondo. 

I loro destini si separarono bruscamente alla fine delle scuole medie: Ugo non ne volle sapere di continuare e aprì una rivendita di stoffe e tele, mentre Giocondo si diplomò geometra, come il padre, e come il padre fu assunto al Comune: fu una specie di scambio di ostaggi, perché il padre andò in pensione e al suo posto subentrò Giocondo, cosicché venne conservata anche la targhetta sulla porta del minuscolo Ufficio Tecnico Comunale, un geometra Lanza se ne andava, un geometra Lanza subentrava.

Il soprannome che Giocondo si era conquistato all’istituto tecnico per geometri “Lanza tutta panza” lo seguì inevitabilmente anche in ufficio, ma lui non se ne dava pena; mangiare, gli piaceva, e bere anche.

Quando Giocondo usciva dall’ufficio, alle tredici e cinquanta, se ne potevano sentire i borborigmi a distanza, faceva sempre lo stesso percorso: salutava – ricambiato – sempre gli stessi negozianti e si fermava per espletare il suo unico dovere: comprare il pane, caldo e fragrante nella forneria sotto casa.

Quattro mafalde e un bocconcino?” diceva ridendo Nino il panettiere, ben sapendo che le quattro mafalde le avrebbe divorate Giocondo tra pranzo e cena, e che Adele – la moglie di Giocondo – si sarebbe accontentata del bocconcino perché lei, a differenza del marito, alla linea ci teneva, eccome.

Un brutto giorno, mentre discuteva accalorandosi in maniera non usuale del nuovo piano regolatore edilizio del comune – l’assessore Bisconti esigeva che certi pantani da lui ereditati dalla zia Rachele venissero trasformati in zona industriale – Giocondo ebbe un mancamento, gli occhi fecero pupi-pupi e poi si girarono verso l’alto, sembrava che nelle orbite avesse due uova sode, e si accasciò mollemente sulla poltrona.

Ti devi mettere a dieta, fare movimento…anzi sai che ti dico? Iscriviti in palestra. Sì, la stessa dove va tua moglie, così non ti sentirai a disagio” gli disse il cardiologo, cugino di lei, consultato con urgenza dopo il fattaccio.

Gli esami di sangue avevano rivelato che aveva livelli di colesterolo e trigliceridi incompatibili con la vita, l’analista aveva rifatto le procedure tre volte, prima pensando che la macchina delle analisi si fosse rotta, poi temendo che i reagenti fossero scaduti.

E quel mancamento, quel sentire la testa volare come un palloncino e le gambe farsi molli molli, come di panna, erano dovuti, a detta del cardiologo, ad un attacco ischemico transitorio.

Un avviso, il tuo corpo ti ha mandato un avviso, Giocondo. Potrebbe non essercene un secondo, stai attento a te”.

Giocondo era un fifone, ma per l’attività fisica aveva la stessa simpatia che i gatti hanno per l’acqua, e in più già immaginava i terribilissimi languori che lo avrebbero assalito riducendo la dose di pasta da duecentocinquanta a settanta grammi “al massimo, Giocondo, meno sì, di più no” e abolendo le adorate quattro mafalde “pane integrale, grammi cinquanta a pranzo e cinquanta a cena”.

Una condanna: leggendo i fogli della dieta, le quantità erano falcidiate: “ma come campa un uomo mangiando cento grammi di lattuga e cento di mozzarella? C’è pericolo di morire di anemia, di inedia, di debolezza” aveva belato Giocondo al cugino cardiologo, ma quello aveva tagliato corto “se vuoi che mia cugina resti vedova, continua a fare come ti pare, e non dirmi che non ti avevo avvisato”.

Adele accompagnò Giocondo prima al negozio di articoli sportivi “la tuta, deve essere blu, o nera, che sfila, e niente righe o strisce” aveva sentenziato la commessa, una bionda tornita e tanto abbronzata che pareva finta. Ebbero qualche difficoltà con le misure, e si dovettero accorciare – e di molto – i pantaloni, e adattare una maglietta di un’altra marca, che almeno riusciva a indossare conservando una certa capacità di muovere le braccia e respirare.

Due giorni di dieta e già Giocondo delirava, aveva visioni gastronomiche, in ufficio non voleva andare, il sindaco fu costretto a mandare l’auto di servizio a prenderlo a casa “sono debole, non ce la posso fare”, belava lui al centralino.

Il terzo giorno era previsto l’inizio della ginnastica “fitness si chiama” diceva ridendo Adele, preoccupata dalla predisposizione negativa di Giocondo.

E Giocondo ci andò, in palestra: venne affidato ad un personal trainer che pareva un parente di Big Jim, il quale tentò invano per alcuni giorni di spiegare a Giocondo come manovrare le complicatissime macchine della sala attrezzi.

Finì che cedette l’allievo “è un cadavere, non mi ascolta e neanche mi capisce” all’istruttore di yoga e judo, che si era detto disposto a prendersi cura di quell’allievo tanto riottoso.

Giocondo bighellonava nella sala pesi tra ragazzine tatuate, con glutei modello Barbie, e giovani muscolati come tori dell’Andalusia, che lo ignoravano, neanche fosse un fantasma.

C’erano altri uomini maturi in palestra, ma erano impegnati a inseguire con lo sguardo (e non solo) i glutei delle mini-Barbie o a confabulare, attendendo il turno alla leg-machine, con le signore e altri ragazzi: parlavano di proteine, di massa muscolare, di centimetri di bicipiti, di tonicità del quadricipite femorale e di altri argomenti di anatomia umana.

Quei discorsi gli mettevano appetito, e inoltre non riusciva mai a inserirsi nella discussione, sia perché gli altri lo ignoravano, sia perché materialmente non aveva proprio argomenti.

Passarono alcune settimane, Giocondo aveva un umore devastato, ringhiava a chiunque gli facesse una domanda, Adele lo trascinava in palestra ma ogni giorno temeva che sarebbe stato l’ultimo: e poi, nonostante le sedute di fitness e la dieta, era dimagrito pochissimo, appena otto etti.

Invece, l’uso delle macchine per i muscoli delle gambe aveva risvegliato in lui una leggera zoppia, più un’asincronia del movimento, per cui, quando si spostava da un punto all’altro, la gamba destra di Giocondo sembrava compiere uno strascicato passo di tango, le signore lo guardavano e ridacchiavano, ma lui non se ne avvedeva.

Un pomeriggio, faceva un caldo secco insopportabile giù in palestra, Giocondo sfuggì alla sorveglianza discreta della moglie e andò negli spogliatoi per bere un po’ d’acqua fresca.

Tornò in sala con una vigoria inattesa, si guardò allo specchio e sentì un’energia sconosciuta prorompergli dal petto, doveva assolutamente andare a prendere un manubrio e fare tanti di quegli esercizi da ritrovarsi i bicipiti di Popeye!

E poi passò a lavorare con l’attrezzo per le spalle, voleva che i suoi deltoidi guizzassero come delfini sotto la maglietta sudata, i pesi salivano e scendevano, le signore cotonate lo guardavano ammirate, le ragazze dai glutei d’acciaio si fermavano a osservare la sua vigoria.

Continuò a girare per tutti gli attrezzi della sala fitness-anzi “sala fitnebook” come la chiamava lui sprezzante per via del fatto che la maggior parte degli utenti passava il tempo a chattare su facebook o a farsi selfie davanti agli specchi gonfiando il torace o spingendo in alto i seni siliconati.

E ogni volta che si allontanava da una delle macchine, si guardava allo specchio, la pancia stava scomparendo! I pettorali sembravano crescere a vista d’occhio! Gli erano persino venuti due polpacci da bisonte!

Un local hero, ammirato da tutte le ganze e i ragazzotti della palestra, pieno di energia, pieno di ormoni, pieno di…sentì improvvisamente un getto d’acqua sul viso “geometra che succede! Che ha combinato…si riprenda per favore!…chiamate subito il Dottore!”.

Giocondo fu adagiato, con non poche difficoltà, su una barella e poi portato all’ambulanza che lo trasportò al pronto soccorso.

Adele scoprì che negli spogliatoi alcuni ragazzini avevano offerto a Giocondo delle caramelle-caramelle all’anfetamina-che lo avevano fatto sballare completamente.

Il medico del pronto soccorso lesse la pressione sullo sfigmomanometro, controllò la frequenza, guardò sotto le palpebre e dentro la bocca di Giocondo, quindi sussurrò la frase più dolce che lui potesse sentire: “geometra, mi raccomando, riposo per almeno un paio di settimane, e poi si faccia rivedere da noi”.

Palermo 4 dicembre ’18


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