Augusto De Luca fotografa Lucio Amelio

Dalla metà degli anni ’70 all’inizio degli ’90, essere presenti agli eventi della galleria di Lucio Amelio in piazza dei Martiri a Napoli, era quasi un dovere, un obbligo per gli artisti che desideravano “esserci”, quelli cioè che volevano partecipare alla vita culturale partenopea.

La sua galleria era un luogo magico, piena di stimoli, posto unico nel suo genere.

Lucio portò a Napoli artisti internazionali le cui opere avevamo prima ammirato solo su giornali e riviste. Se ci si recava nelle sue due sale, facilmente si potevano incontrare personaggi come Warhol, Beuys, Mapplethorpe, Rauschenberg e tanti altri.

Lucio, però, si occupò e preoccupò anche degli artisti napoletani.

Io presi parte, infatti, a due eventi organizzati da lui: la ‘Rassegna della Nuova Creatività nel Mezzogiorno’ e al Goethe Institut ‘L’occhio Meccanico’. Ero all’inizio della mia carriera artistica e ricordo, in particolare, che, partecipando al primo degli eventi, chiaramente da principiante inesperto, allestii personalmente la mia mostra di fotografie.

Sicuramente il montaggio dei miei lavori sui muri non era perfetto e quando Lucio, che aveva un carattere molto forte ed era un perfezionista, entrò per controllare tutto l’allestimento, mi disse:

“Augusto… ma sono fotografie o caciocavalli?”

Si tolse la giacca, si rimboccò le maniche della camicia e rimise ad uno ad uno i chiodi e i quadri alle pareti.

Era così, molto diretto, forse duro qualche volta ma molto generoso.

Questa foto che pubblico è una polaroid SX-70 che ho manipolato dopo lo scatto.

Alle sue spalle c’è un opera di Keith Haring, artista famoso per i suoi caratteristici segni e che Lucio amava molto. Sull’abito poi, muovendo la pasta di sviluppo della pellicola con uno stecchino di legno, ho inserito anche io alcuni dei miei segni in modo da sottolineare e mettere in risalto nell’immagine quella che era la caratteristica dello street artist.

(Questo é un mio video del 1985 in cui mostro il procedimento…)

Lucio Amelio – polaroid manipolata di Augusto De Luca




Letizia Battaglia Senza Fine, la mostra-omaggio alle Terme di Caracalla – Roma 27 maggio/5 novembre 2023 

Diatomea segnala la Mostra “Letizia Battaglia Senza fine” visitabile alle Terme di Caracalla a Roma dal 27 maggio al 5 novembre 2023

“La passione civile, la capacità di lottare, lo sguardo limpido di chi cerca la verità e la racconta: Letizia Battaglia con la sua macchina fotografica ha attraversato i decenni testimoniando la storia tragica e dolorosa della sua Sicilia e dell’antimafia, ma è stata anche un punto di riferimento per i diritti civili e lo sguardo delle donne.
Militante, editrice, fotografa, con le sue immagini in bianco e nero ha rappresentato il diritto di cronaca senza cedimenti.
A poco più di un anno dalla scomparsa, la Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, promuove la mostra Letizia Battaglia Senza fine alle Terme di Caracalla. L’esposizione che comprende 92 fotografie, alcune inedite, è curata da Paolo Falcone ed è organizzata da Electa in collaborazione con l’Archivio Letizia Battaglia e la Fondazione Falcone per le Arti.
L’inaugurazione della mostra segnerà un evento importante per le Terme di Caracalla con l’apertura di due nuove sale che ampliano il percorso di visita. La prima sala, nella quale è allestita la mostra, costituisce uno dei vestiboli di ingresso alla palestra occidentale, mentre la seconda era una aula moderatamente riscaldata con una grande vasca. Gli ambienti, al termine di un importante progetto di restauro e recupero, verranno aperti per la prima volta alla fruizione del pubblico.”

fonte del testo Soprintendenza Speciale di Roma

Dove: Terme di Caracalla a Roma
Quando: dal 27 maggio al 5 novembre 2023
Aperture e orari: negli orari di apertura delle Terme di Caracalla (fino al 31 agosto dalle 9.00 alle 19.15, con ultimo ingresso alle 18.15).
Il biglietto di ingresso è di 13 euro (intero) e 7 euro (ridotto)

Buona visita…

Brano: Sirius (Instrumental) – The Alan Parsons Project 




DAVID BOWIE – STEVE SCHAPIRO Terni, CAOS – Centro Arti Opificio Siri – 29 giugno/15 ottobre 2023

Diatomea segnala la mostra “David Bowie | Steve Schapiro: America. Sogni. Diritti”
Mostra visitabile al Museo CAOS dì Terni dal 29 giugno fino al 15 ottobre 2023 a cura di ONO arte contemporanea, promossa da Le Macchine Celibi in collaborazione con SUONI IN CHIOSTRO.

“La mostra racconta il momento clou della carriera di David Bowie attraverso gli scatti del leggendario fotografo americano Steve Schapiro. L’esposizione si compone di 70 scatti che partendo dal lavoro di Schapiro con David Bowie portano il visitatore a scoprire anche il suo lavoro di fotoreporter e fotografo di scena.

David Bowie a metà degli anni Settanta, dopo essere divenuto icona culturale in Inghilterra, riesce ad imporsi anche nel mercato americano con l’album Diamond Dogs, e il relativo tour promozionale. In quel periodo iniziano anche le riprese del primo film che lo avrebbe visto come protagonista, L’Uomo che Cadde sulla Terra; a Los Angeles Bowie, sotto le spoglie del suo nuovo personaggio, The Thin White Duke, registra anche il suo nono album in studio, Station to Station. In tutte le fasi dell’avventura americana di Bowie è presente Steve Schapiro, che sarà fotografo di scena di L’Uomo che Cadde Sulla Terra (The Man Who Fell to Earth) e autore degli scatti che compaiono sulla copertina sia di Station to Station che di Low.

Schapiro, nato a Brooklyn nel 1934, è già considerato uno dei maggiori fotografi dell’epoca e ha testimoniato con la sua macchina fotografica i momenti salienti della società americana della seconda metà del XX secolo. Lavora anche per il cinema d’autore operando come fotografo di scena in pellicole senza tempo come Il Padrino (The Godfather)Taxi Driver e Apocalypse Now.

Bowie e Schapiro si incontrano per la prima volta nel 1974, in uno studio fotografico di L.A. Da questo momento tra i due nasce una immediata sintonia nutrita dalle reciproche passioni e una collaborazione che durerà fino alla fine degli anni ’80. Questa storia, che si interseca con la storia biografica di David Bowie, uno dei grandi protagonisti e mente creative del ‘900, è ripercorsa nella mostra.”

fonte del testo di Archivio di Stato – Torino

Dove: Museo CAOS in via Franco Molé, 25 a Terni
Quando: dal 29 giugno al 15 ottobre 2023
Aperture e orari: Dal Giovedì alla Domenica 10:00-13:00 || 17:00-20:00
info@caos.museum

Buona Visita…

The official music: David Bowie – Heroes




Augusto De Luca fotografa Pompei

Era da moltissimo tempo che desideravo tornare agli scavi di Pompei e, finalmente, qualche anno fa, era esattamente il 2011, io e Nataliya mia moglie, decidemmo di fare una visita proprio a quello stupendo sito archeologico, rimasto intatto per secoli sotto la cenere del Vesuvio.

La giornata era splendida e il cielo terso; per l’occasione, portai con me la piccolissima fotocamera Leica D-Luxe, con soli 10 megapixels.

In verità non avevo nessuna intenzione di lavorare, volevo al massimo fare qualche foto ricordo.

Quella mattina, per mia fortuna, c’era davvero poca gente e quella straordinaria città deserta appariva in tutta la sua bellezza piena di fascino, che riportava alla mente ricordi di una vita dove riecheggiavano suoni ed immagini fantasma di un passato lontano.

Cominciammo a girare per le antiche strade vuote, un tempo trafficate e piene di vita, e, quasi automaticamente, guardavo e scattavo, senza neanche rendermene conto. Tutto mi sembrava interessante e fotograficamente accattivante.

Perlustrammo il luogo in lungo e in largo per qualche ora, senza accorgercene e io feci davvero molte istantanee.

Quegli scatti volevano essere soprattutto degli appunti di viaggio, dei ricordi di scorci e frammenti che colpivano di volta in volta il mio sguardo facendomi sognare ad occhi aperti, senza nessuna pretesa e finalità professionali: souvenir di una mattina diversa in un luogo misterioso e magico, che apparteneva alla memoria, e che sollecitava in maniera così feconda la mia fantasia.

Tornato a casa, nel tardo pomeriggio, lavorando i file al computer, ho cercato di elaborare le immagini in modo da dare un carattere e un gusto retrò, che credo si addica meglio ad una città così antica e piena di storia; però, non è detto che cambi idea modificandole nuovamente, perché ancora non sono sicuro che quelle istantanee abbiano raggiunto la loro perfezione e la loro completezza, almeno per me.

Forse, prima o poi, attraverso di esse riuscirò a restituire, inequivocabilmente, proprio le stesse emozioni che provavo al momento dello scatto; mi occuperò presto di loro.

 

Pompei – foto di Augusto De Luca
Pompei – foto di Augusto De Luca
Pompei – foto di Augusto De Luca




Augusto De Luca fotografa Lucia Trisorio

Lo Studio Trisorio, alla Riviera di Chiaia, è una delle più importanti gallerie napoletane, punto di riferimento per tantissimi artisti, inaugurata il 16 ottobre 1974, dove hanno esposto tanti nomi illustri del panorama internazionale, molti dei quali precursori dei loro tempi. 

Conobbi i proprietari, Pasquale e Lucia, alla fine degli anni 70. Spesso andavo da loro per parlare dei miei nuovi lavori e ricevere qualche consiglio.

Lui, che purtroppo non c’è più, era un amico di cui fidarmi; mi incoraggiava con suggerimenti preziosi che ancora oggi mi sono utili. La moglie Lucia, per la grande esperienza che aveva, era per me, che cominciavo a compiere i primi passi nel mondo dell’arte, una fonte inesauribile di grande competenza da cui poter attingere. Persona di grande valore, è sempre stata al fianco del marito, con una presenza costante ma discreta. Come è vero che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna!

Oggi è soprattutto una delle loro tre figlie, Laura, ad occuparsi dello spazio, e con il guizzo tipico di chi appartiene da sempre a questo meraviglioso universo, ha dato vita, nel 1996, ad ArteCinema, un suggestivo festival internazionale di film sull’arte contemporanea, che ha avuto un riscontro fortunatissimo anche tra i giovanissimi, avvicinandoli a queste magiche atmosfere. Da dietro le quinte, la madre, con la sua straordinaria abilità, continua ad aiutare e a dare indicazioni di rara maestria.

Nel corso del tempo la galleria, proseguendo nel suo lungimirante percorso di ricerca e innovazione, è divenuta tappa obbligata anche per gli studenti universitari, che hanno la possibilità di frequentare quegli stessi personaggi che si troveranno poi a studiare nei manuali di storia dell’arte.

Non per niente si tratta di una delle gallerie più longeve d’Italia, che, con competenza e passione, è in grado di collaborare attivamente anche con Istituzioni politiche e non, teatri importanti, come il San Carlo, e musei prestigiosi, come quello di Capodimonte, con il quale, prima della pandemia, è stato realizzato, con enorme successo, il progetto Incontri sensibili, con esibizioni importanti di artisti quali Louise Bourgeois e Jan Fabre.

Il 22 febbraio del 2020 Lucia è stata la prima di tre donne a ricevere, dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, il Matronato alla carriera con laudatio pronunciata da Andrea Viliani.

Con la sua innata sensibilità per la Bellezza e il suo spiccato senso estetico lo Studio Trisorio ha ritenuto la fotografia una forma d’arte da esaltare, tanto che nella cerchia di amici di famiglia si annoverano tanti fotografi che hanno puntualmente esposto nei loro spazi, con mostre fotografiche divenute, ormai, appuntamenti imprescindibili nella programmazione degli eventi della galleria.

Nel 1980 organizzarono una mia mostra di fotografie a colori con la presentazione di Marina Miraglia, importante critica e storica d’arte. In quell’occasione i Trisorio riuscirono a vendere tutti i miei lavori e ricordo che, dopo l’inaugurazione, Lucia ci invitò a casa sua per terminare la serata con deliziose pietanze preparate con le sue mani per l’occasione. Era molto gratificante sentirsi coccolati dai propri galleristi.

Un giorno andai allo Studio con Osvaldo, uno dei miei due assistenti, ed una grande luce fissa da 2000 watt, per ritrarre Lucia. Lei, sempre schiva, era un po’ intimidita dall’idea di essere al centro dell’attenzione e certamente non si sentiva a suo agio. Pensai di realizzare un ritratto evidenziando proprio la sua riservatezza e il suo desiderio di anteporre sempre e comunque l’artista a tutto e a tutti.

Allora proiettai la luce sul mio assistente che, con una cartella sotto il braccio, avrebbe dovuto rappresentare uno dei tanti artisti che si avvicendavano nella galleria, creando un’ombra gigante rispetto alla figura di Lucia, che, in un angolo, quasi nel nascondimento, ma comunque presente e vigile, lo guidava e promuoveva, ricalcando così, il suo pensiero che mi ricordava il famoso motto “ubi maior minor cessat”.

A scatto avvenuto, mi accorsi che l’immagine rispecchiava in pieno la mia idea e fui soddisfatto del risultato.

Oggi incontro di rado Lucia, ma ogni volta che succede, provo una grandissima gioia e una profonda gratitudine.

 

Lucia Trisorio – foto di Augusto De Luca




Augusto De Luca fotografa Sergio Bruni

Io e la giornalista Giuliana Gargiulo quel giorno ci recammo all’Hotel Vesuvio in via Partenope a Napoli, dove puntualmente ogni mattina Sergio Bruni incontrava giornalisti e gestiva il suo lavoro tra un caffè e una sigaretta. 

Ci stava aspettando, era vestito di nero ed era molto serio in viso.

Di tanto in tanto, guardava fuori al finestrone, dove c’erano una splendida veduta di Castel dell’Ovo e del Vesuvio. Ogni volta che alzava lo sguardo e contemplava il panorama, si capiva che amava la sua città.

Disse che guardare il Golfo nutre i napoletani e li rende felici.
Poi ci parlò dell’inizio della sua carriera, della frequentazione nella Galleria Umberto I e di tutti i suoi successi, ma si infervorò particolarmente descrivendo la sua stretta amicizia con Eduardo.

Raccontò che un giorno il grande drammaturgo gli telefonò e gli disse:

“Sergitié, ‘a gente ‘o ssaje che dice?
Ca tu si ‘a voce e Napule e che Napule song’io.
Cheste che vene ‘a dicere?
Ca tu sì a voce mia”.

Io, pur emozionandomi molto mentre Bruni narrava la sua vita, continuavo a scattare con la mia fotocamera.

Feci molte foto; erano immagini che lo riprendevano mentre gesticolava parlando, io, invece, volevo fargli un ritratto ed avevo già in mente come realizzarlo: desideravo fotografarlo mentre cantava.

Gli chiesi di alzarsi e di attaccare con un suo brano, guardando fisso nell’obiettivo della mia Hasselblad.

Non si fece pregare, mi accontentò subito e, come se stesse sul palcoscenico di un teatro, con estrema disinvoltura, cominciò ad intonare quello che era stato da sempre il suo cavallo di battaglia, ‘Carmela’, interpretandolo con grande maestria.

Sergio Bruni cantava per me, chi l’avrebbe mai detto!

Scattai per tutta la durata della canzone che il talentuoso Artista eseguì a cappella per intero.

Poi, sempre molto serio in volto, ci salutò e si mise a sedere al suo solito posto. Dopo aver acceso l’ennesima sigaretta, cominciò ad ammirare nuovamente, con occhi sognanti, quella straordinaria veduta di Napoli che aveva di fronte.

Di quell’incontro mi rimane soprattutto il ricordo di un uomo che amava follemente la sua città.

 

Sergio Bruni – foto di Augusto De Luca
Sergio Bruni – foto di Augusto De Luca
Sergio Bruni – foto di Augusto De Luca




Augusto De Luca fotografa Luigi Mazzella

Sono andato nel suo studio – laboratorio a Villa Haas, in piazza Fuga a Napoli, un paio di anni fa. Ne ricordo il fascino, le enormi lastre da lavorare appoggiate ai muri e le innumerevoli sculture in ferro ed altri materiali metallici dalle forme più bizzarre e astratte. Era un luogo dove la fantasia non aveva limiti e l’impossibile diventava possibile.

Il Maestro mi fece da cicerone, accompagnandomi in quegli stanzoni alti, superaffollati di opere. Mi spiegò le varie fasi di lavorazione e mi raccontò la storia di molti dei suoi capolavori.

Era l’uomo dei metalli, viveva ed amava quei materiali che conosceva meglio di chiunque altro e che, in qualche modo, erano parte di lui.

Passai molto tempo ad ascoltarlo e, senza indugio, decisi di ritrarlo proprio immerso nei suoi lavori, diventando così egli stesso scultura nelle sculture, anima viva delle sue materie fredde e lavorate. Volevo fondere insieme il creatore e la creatura e, dopo pochi tentativi, capii di avere la foto che desideravo.

È una sensazione particolare, che non si può spiegare… mi accorgo e “sento” quando lo scatto è quello giusto per me, cioè esprime a pieno quello che dentro di me c’é ma non ha ancora una forma.

Ci salutammo e, mentre mi allontanavo, mi disse:

Venga a trovarmi presto, le farò scegliere un’opera che poi le donerò.

Di frequente ripensavo a quell’appuntamento e a quella promessa, ma, come spesso succede, ho rimandato troppo e di quell’impegno rimane solo un ricordo di grande umanità e generosità.

 

Luigi Mazzella – foto di Augusto De Luca



Augusto De Luca fotografa Luciano De Crescenzo

Incontrai Luciano De Crescenzo in un albergo napoletano dove lui solitamente preferiva alloggiare quando veniva in città. Era una persona straordinariamente simpatica, allegra e soprattutto colta.
Ogni parola, ogni frase diventavano motivo e spunto per raccontare aneddoti e storie incredibili.

Rimasi affascinato nel sentirlo parlare per un’oretta. A lui piaceva moltissimo conversare, incurante del tempo che trascorreva. Era un uomo che non aveva fretta.

Io, chiaramente, non riuscii a dire molto; erano talmente accattivanti i suoi discorsi che avevo solo voglia di ascoltarlo.

Il tutto era condito sempre e comunque da uno spiccato senso di ironia e comicità.

In particolare, in quell’incontro ricordo che mi parlò di una storia che lui aveva condiviso con Bud Spencer, pseudonimo di Carlo Pedersoli, proprio qualche mese prima a Napoli nella zona del Pallonetto, vicino al rione Santa Lucia, dove Bud era nato e dove spesso i due tornavano insieme a passeggiare.

Luciano mi raccontò che mentre camminavano, si avvicinò a Carlo uno scugnizzo, un ragazzino di circa sette, otto anni che continuava a ripetergli:

“Come sei grande, come sei forte, come sei grande, come sei forte…
io non ho un papà e mi piacerebbe che fossi tu il mio papà”.

Allora Carlo, imbarazzato, emozionato, commosso e, con gli occhi lucidi, gli rispose:

“Se vuoi puoi chiamarmi papà”.

Il ragazzino, prontamente, replicò:

“Papà, me le dai diecimila lire?”

All’epoca, infatti, c’erano ancora le lire.

Questa storia, raccontata da De Crescenzo, fu assolutamente esilarante ed io risi di cuore, a crepapelle, per un buon quarto d’ora.

Finalmente ci mettemmo a lavoro e realizzai una polaroid che manipolai e pubblicai poi nel libro ’31 Napoletani di fine secolo’ e molti altri scatti tra cui la foto che presento in questa pagina.

Rividi Luciano qualche tempo dopo e, con mia grande sorpresa, mi donò un suo disegno a penna da inserire nel mio libro ‘Napoli Grande Signora’.

Ne fui sinceramente onorato e gli promisi una mia fotografia di Napoli che a lui piaceva molto.

Grazie Luciano per le tue battute, per i tuoi film e i tuoi libri; i napoletani ti amano e ti ricordano con grande affetto insieme agli altri personaggi che hanno dato lustro alla città.

Luciano De Crescenzo – foto di Augusto De Luca
disegno di Luciano De Crescenzo




Augusto De Luca fotografa Salvatore Pica

Come tanti intellettuali e uomini di cultura napoletani, Salvatore Pica, classe 1939, esperto di arte e design, è sempre stato un assiduo frequentatore delle gallerie cittadine, soprattutto quella di Lucio Amelio, suo caro amico, ed è proprio lì che l’ho conosciuto non so più nemmeno quanto tempo fa. 

Salvatore era una persona eclettica, speciale, un creativo come pochi. Sempre ironico e dalla battuta pronta, un uomo certamente molto simpatico, che subito riusciva a conquistare chiunque con i suoi aforismi originali.

Un’energia instancabile la sua improntata alla Bellezza e alla promozione della Cultura a tutto tondo: mostre, dibattiti, convegni, tutto pur di stuzzicare la curiosità ed andare oltre…

Un percorso di vita straordinario. Un ragazzo come tanti, cresciuto negli affascinanti intricati dedali della Pignasecca, che è riuscito a realizzare il suo sogno più grande: vivere d’arte.

Per lui, infatti, essa ha rappresentato un rifugio dal volgare quotidiano, un’oasi rassicurante dopo un’adolescenza segnata dalla morte di entrambi i genitori. I suoi coetanei si sarebbero persi, lui no, lui ha fatto della sua passione un lavoro, fino all’approdo sicuro al design, il suo pane quotidiano, la sua scelta di vita.

“L’incontro con il design è stato per me l’incontro con l’idea della vita altra, con una sua progettualità”.

Una frase che ripeteva spesso.

Oltre a promuovere il design italiano, nel suo originalissimo spazio, il Centro Ellisse di piazza Vittoria a Napoli, inaugurato nel 1968, il cui allestimento scenico fu curato proprio da Lucio Amelio, che lo abbellì con opere pittoriche e scultoree di diversi artisti, erano numerosi gli eventi dove spesso si potevano incontrare personaggi straordinari, come il geniale architetto e designer Alessandro Mendini.

Con la sua lungimiranza ha sempre utilizzato l’arte e la cultura come veicolo sociale di aggregazione del mercato, attirando l’attenzione di studenti di architettura, architetti o arredatori interessati alle esposizioni di mobili firmati da personaggi di rilievo del settore a cui seguivano puntualmente raffinate pubblicazioni esplicative.

Scopritore di talenti, ha spesso anche promosso esposizioni di artisti emergenti; insomma, un uomo poliedrico dai mille interessi, amante dell’arte, continuamente in fermento per inventare nuove soluzioni ed eventi e promuovere la creatività in ogni suo aspetto.

Una mattina sono andato nella sua bellissima casa in via Mergellina per fotografarlo e mi ha accolto, come sempre, con sincero affetto. Elegantissimo, in perfetto stile dandy, ma io volevo catturarne l’anima. Gli ho chiesto quindi di mettere un cappello a falde larghe, che spesso indossava e che lo caratterizzava in maniera particolare. Salvatore, senza indugiare, è corso dentro a prenderlo.

Dopo qualche scatto di prova ho notato nel salone della casa una scultura in plexiglass trasparente con la forma di un’ellisse che, immediatamente, mi ha ricordato proprio il nome del suo celebre spazio a piazza Vittoria.

La luce laterale creava un’ombra netta, dividendo il suo viso in due parti, e insieme al grande cappello quell’inquadratura diventava anche una straordinaria citazione alla famosa fotografia di Irving Penn scattata a Picasso.

Subito capii che sarebbe stato il ritratto che al termine delle riprese avrei scelto. Poi scattai ancora per un po’ di tempo, facendogli dei primi piani molto stretti e alla fine scelsi anche una di queste successive foto.

Ancora una volta andai via soddisfatto, come quando sono certo di avere l’immagine giusta. È una sensazione molto appagante che sicuramente mi ricorda costantemente quanto sia gratificante fotografare, cosa che mi fa amare sempre di più questo lavoro.

 

Salvatore Pica – foto di Augusto De Luca
Salvatore Pica – foto di Augusto De Luca




Augusto De Luca fotografa Rick Wakeman

Era il 1987 e fui contattato per realizzare la copertina di un disco di Rick Wakeman, lo straordinario tastierista del famoso gruppo inglese Yes, doveva registrare proprio a Napoli.?Come ex chitarrista rocchettaro ero al settimo cielo; stavo per incontrare un mito della musica, un compositore storico, che ha creato uno stile molto personale e ha suonato con artisti del calibro di David Bowie, Elton John, Cat Stevens e Lou Reed.
Mi recai nella sala di registrazione con l’attrezzatura fotografica, l’assistente e un mio amico culturista con un viso molto particolare che avrei inserito nello scatto.
Quando lo incontrai ci sedemmo e cominciammo a parlare chiaramente di musica.
Appena Rick seppe che io suonavo e avevo fatto parte di alcuni gruppi rock, mi chiese, spiazzandomi e mettendomi in crisi:
Prima del ritratto vogliamo fare un blues insieme?
Nella sala c’erano tutti gli strumenti per la registrazione ed in particolare una stupenda chitarra Gibson Les Paul anni ’60, color miele, del suo chitarrista, un modello realizzato in quell’anno molto ricercato dai collezionisti, valutato dai centocinquantamila euro in su se appartenuta a qualche artista famoso; insomma, il sogno di tutti i musicisti.
Suonare con Rick anche solo per gioco sarebbe stato per me come vincere il SuperEnalotto; imbracciai la chitarra e, timidamente, cominciai la mia performance.?Fu una goduria sia per lo strumento che per il magistrale accompagnamento. Mi sembrava di suonare alla Royal Albert Hall di Londra.
Finimmo dopo circa mezz’ora anche se io non avrei mai smesso e iniziammo le riprese fotografiche. Lui voleva un’immagine forte e provocatoria ed io, senza manipolazioni e fotomontaggi, ma in un unico scatto lo accontentai. L’idea era di creare una foto in cui un orco o un genio della lampada lo gustasse, lo mangiasse.
Alla fine il mio click gli piacque molto e fummo entrambi soddisfatti, ma la cosa per me più importante era che in futuro, senza possibilità di smentita, avrei potuto dire:
“Sì, è vero… ho suonato con Rick Wakeman”.

 

Rick Wakeman – foto di Augusto De Luca

 

Rick Wakeman e Augusto De Luca