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“(…) Portando qui le fantasie e creazioni di mio padre e le mie, esponendole allo sguardo non solo dei visitatori contemporanei, ma anche di queste grandi opere della classicità (…)”

Barnaba Fornasetti

© MjZ

Palazzo Altemps fu edificato nel XV secolo e, nella seconda metà del Cinquecento, diventò residenza aristocratica del cardinale Marco Sittico Altemps, nipote di Papa Sisto IV. Nel 1982, lo Stato italiano ne acquisì la proprietà e, dopo un lungo restauro, oggi diviene una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano. È un museo del collezionismo e la sua duplice valenza di “museo-casa”, conferisce al luogo, scelto per la mostra di Piero Fornasetti, la collocazione perfetta per condividere ed aprire al pubblico, il dialogo che intercorre, da sempre, tra l’arte antica e le sue creazioni visionarie. L’ottica in cui ci si immerge sin dai primi passi all’interno del cortile, è quella della partecipazione, che è alla base del messaggio culturale per cui è nato il Museo Nazionale Romano, volta al superamento dei confini tra l’archeologia e le altre Arti.

Lì dove la cultura contemporanea affonda le sue radici nell’arte classica, Fornasetti ci regala, attraverso un viaggio dotto e sapiente, gli anni di studio approfondito che ha condotto, immergendosi in quelle che sono state le sue fonti di ispirazione: libri antichi, vecchie stampe, studi delle immense raccolte di collezionisti, pitture pompeiane, affreschi rinascimentali, volumi d’arte e litografie, solo per citarne alcune.

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Barnaba Fornasetti, il figlio, che con grande dedizione porta avanti l’eredità del padre, in una delle sue interviste, racconta:

La sua esperienza, come stampatore, fu caratterizzata dalla collaborazione attiva con De Chirico, Lucio Fontana, Aligi Sassu, Massimo Campigli. Lui si permeava di questa creatività e la ritroviamo in tutta la sua esperienza pittorica”.

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Comprendere l’arte di Fornasetti non può prescindere dal capire l’ambiente culturale in cui ha vissuto e le persone con le quali è venuto in contatto fin dalla sua giovane età. È stato un pittore, scultore, decoratore d’interni, stampatore di libri d’arte, designer e creatore di oltre 13.000 oggetti, di scenografie e di costumi, organizzatore d’esposizioni e iniziative a livello internazionale.

Nato nel 1913, a soli 20 anni partecipa ad una mostra di lavori di studenti all’Università e propone alla Triennale di Milano, la prima organizzata nella città, una “serie” di foulards in seta stampata, che la commissione rifiutò perché non attinente al tema proposto nella rassegna. Riesce, però, ad esporre alla Triennale nel ‘36, una stele in bronzo e un fregio decorativo in ceramica, nel Padiglione di Parco Sempione; nel ’40, fazzoletti in seta dipinti a mano, un panchetto per pianoforte e vasi in vetro, nella sezione dei metalli e dei vetri e nella sezione dei tessuti e dei ricami; e nel ’51, una serie di trumeau in legno stampato, nella sezione Arredamento e mobili isolati.

Questi lavori catturarono l’attenzione di Gio Ponti, in quegli anni alla guida della Triennale, e con il quale nasce una profonda amicizia ed una collaborazione professionale che dura fintanto che è in vita.

Sono note le dinamiche che hanno portato all’allontanamento immeritato della figura di Fornasetti dal fermento culturale milanese, tanto che dal ’53 al ’73 non è più riuscito ad esporre in Triennale. Sono gli anni del modernismo razionalista, della visione purista del design, in cui la funzione dell’oggetto non doveva essere contaminata da qualsivoglia forma di decorativismo. In realtà, i profondi conoscitori della sua arte, tra cui Silvana Annicchiarico, direttrice dal 2007 del Triennale Design Museum della Triennale di Milano ed una delle curatrici della Mostra a Palazzo Altemps, insieme ad Alessandra Capodiferro, Responsabile di Sede, lo ha definito “decoratore agli antipodi del decorativismo, che si è imposto con la sua libertà di spirito e la capacità di invenzione

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Anticonformista, nemico delle etichette, per voce del figlio Barnaba “padre autoritario, con l’idea di temprare il mio carattere a ribellarmi e a combattere i conformismi e le mediocrità”, Fornasetti ha utilizzato sempre la sua straordinaria creatività mettendola a servizio degli oggetti di uso quotidiano e restituendoli, poi, trasformati dalla sua immaginazione. Un mobile in quanto tale non doveva perdere la sua funzione pratica, poteva essere decorato fino all’eccesso ma mai restare privo della sua utilità.

Guarda il bambù per dieci anni, poi dimenticalo, poi dipingi il bambù. Interiorizzare, creare, produrre”.

Piero Fornasetti

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“(…) gli incantevoli surrealisti vieux jeu, sono gli antecedenti, i prodromi di questa attualissima dimensione del gusto – moda, costume, alto artigianato, arte, poesia? – che giocoforza va definita fornasettismo (…)”

Luciano Budigna, 1966

Una vita dedicata e dedita all’arte, in ogni sua forma e contenuto.

Una personalità articolata, “Sono un collezionista di collezionisti” come si definiva lui stesso “(…) da tanti anni raccolgo, sotto forma di schede, informazioni sulle collezioni più strane e curiose che sono in Italia. Dal collezionista di apparecchi chimici in vetro al collezionista di carte per arance, da quello di barche lariane al collezionista di anitre, da chi colleziona capitelli antichi a chi lo fa con le lamette da barba e gli elefanti, ma solo se rossi. Mi sono servito di queste mie raccolte, per i disegni degli oggetti. Il collezionismo è una forma di amore, una forma di attenzione segreta”.

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Seppur bizzarra fosse la sua personalità, Fornasetti non ha mai smesso di ricercare l’equilibrio tra la funzionalità e la sua immaginazione, fantasia visionaria legata anche alla natura e ai riferimenti dei miti classici. Le immagini del passato vengono manipolate, rovesciate, sfoderate, assemblate e tagliate, ma mai profanate: rigore-ordine-armonia, sono i suoi tre princìpi dove “l’artista deve mettere ordine per creare un altro mondo, una seconda natura”.

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Quello che il figlio Barbaba evidenzia come “la capacità di riutilizzare immagini dell’immaginario collettivo e di dargli una propria identità”, fa sì che gli oggetti dell’artista non siano avulsi dal contesto, ma che dialoghino attraverso una rilettura identitaria.

Ventisette sono le incursioni artistiche realizzate, da oltre ottocento pezzi di Fornasetti, nella mostra “Citazioni Pratiche”, in un dialogo a tratti ironico e surreale , evocativo e colto.

Ho così vestito di vestigia ceramiche, mobili e cose e ho così riposto in ogni opera un messaggio, un piccolo racconto certe volte ironico, senza parole evidentemente, ma udibile da chi crede nella poesia

Piero Fornasetti

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“Credo che Fornasetti un giorno, quando era giovane, abbia avuto una visione allucinante. Non so se era di giorno o se era di notte, ma deve avere visto, tutto ad un tratto, tutto il mondo che saltava per aria, tutto il mondo e tutta la storia del mondo e tutti i depositi di figure e di memorie (…). Ma evidentemente il ragazzo, invece, non si deve essere scomposto più di tanto. Sembra abbia pensato che se per terra non gli restava a disposizione che uno spessore di detriti, di roba rotta e se quello doveva essere il pavimento su cui camminare, se doveva camminare sul terreno soffice di una specie di discarica, informe, di frammenti, di brani, di segni senza collocazione, lui, Fornasetti (…) l’avrebbe rifatto tutto, il mondo”.

Ettore Sottsass, 1989

Video realizzato nella Stanza delle Variazioni presso il Palazzo Altemps.

“La variazione non è soltanto un alto motivo o esercizio musicale; è una tradizione intellettuale e un virtuosismo dell’immaginazione”.

Gio Ponti, Anni Sessanta

 

Composizione delle foto di © MjZ e video realizzato da Raffaella Matocci


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